Spettroscopia facile (ma seria) con Star Analyser 100 e Visual spec
Innanzitutto tengo a precisare, in via preliminare, che l'acquisizione degli spettri con lo Star Analyser 100 è la parte più facile del lavoro in spettroscopia, mentre la più difficile viene dopo, con l'elaborazione di pretrattamento, la calibrazione, la normalizzazione del continuo,etc.Tengo tuttavia a precisare che tutte tali operazioni sono di routine, e, una volta ripetute un certo numero di volte, diventano abitudinarie, come del resto ogni appassionato di astrofotografia sa riguardo alle procedure del semplice imaging.A differenza di quest'ultimo, o per meglio dire a completamento di quest'ultimo, anche un mezzo spettroscopico semplice come lo S.A ed i suoi spettri costituiscono un potente mezzo d'indagine, anche scientifica,.
Terrei quindi a sintetizzare alcuni passi fondamentali che seguono l’acquisizione degli spettri con lo “Star Analyser 100” od altro reticolo a trasmissione equivalente, e la loro elaborazione col programma freeware "Visual Spec" di Valerie Desnoux, che , pur se con qualche peccato di instabilità e con un interfaccia utente non immediata, è un programma veramente completo , con una quantità incredibile di funzioni, quasi a livello professionale.Esso è, inoltre, freeware e liberamente scaricabile, con numerosi tutorial, tra cui uno in italiano su questo sito web.
Lo "Star Analyser 100"
Lo "Star Analyser 100" è un reticolo a trasmissione da 100 l/mm "blazed" nell'ordine 1, il che vuol dire che convoglia gran parte dell'energia luminosa nel predetto ordine.La casa produttrice è la Paton Hawksley inglese, ed il reticolo, di circa 26 mm di diametro, è montato in una cella filettata maschio analoga a quella dei normali filtri per astronomia, in modo da poter essere inserito nelle filettature femmine degli oculari da 31,8 mm e degli adattatori delle camere CCD e delle webcam.Esso in pratica, si comporta come un filtro, fornendo in uscita l'immagine di ordine zero delle stelle presenti nel campo inquadrato e, ai due lati, le immagini degli spettri dei vari ordini, positivi e negativi, con l'ordine +1, che, come si è detto, risulta il più brillante.
La dispersione spettrale varia a seconda la distanza tra il reticolo ed il sensore CCD, nel caso di riprese CCD, e può essere calcolata con la seguente formula (fonte: manuale di Istruzioni dello S.A 100): Dispersione (A/pixel) = 10000* dimensioni pixel (um) / [n° linee-mm * distanza (mm) tra reticolo e CCD] quindi, nel caso di una webcam da pixel da 5,6 micron ed uno S.A. posto a 35 mm di distanza dal ccd è: 10000 * 5.6 / [ 100 * 35] = 16 A/pixel Come si vede, si tratta di dispersioni piuttosto basse, che potrebbero indurre a snobbare tale modesto strumento, ritenendolo non idoneo ad un uso serio, ma sarebbe un errore.Ciò per i motivi dianzi accennati, che qui riassumo: 1)- possibilità di riprendere nello stesso campo, anche a focali elevate, l'immagine di ordine 0 di una stella ed il suo spettro di ordine 1, inseguendo direttamente sulla stella, specie con le camere a doppio sensore. 2) - capacità di raggiungere magnitudini più elevate rispetto ad uno spettroscopio vero e proprio, a parità di setup e condizioni.Io stesso sono riuscito ad acquisire spettri di stelle molto deboli, in condizioni non ottimali e cieli ad elevato inquinamento luminoso quali quelli di Roma città, sino alla 13-13.5^ mag circa, seppure con strumenti della classe del C14.In ogni caso la registrazione di stelle deboli è funzione dell'apertura del telescopio e della sensibilità della camera, a parità di altre condizioni. 3) -esso costituisce un valido aiuto per l'individuazione della classe spettrale di una stella e delle sue caratteristiche principali, che potranno poi essere eventualmente approfondite con uno strumento a risoluzione più elevata.E', inoltre, un must per nove, supernove, stelle BE e WR.
I mmagine della stella Vega come si presenta al fuoco di un Celestron 14 a f 11, con la stella al centro e gli spettri dell'ordine 1 e -1 a destra e sinistra (notare la maggiore intensità dello spettro di ordine +1 per cui il reticolo è "blazed" rispetto all'altro: tale ultimo spettro è quindi quello da prendere in considerazione.La camera usata è stata una Atik 16 HR in binning 1 x1.Di sotto, lo spettro bidimensionale di cui all'immagine, elaborato.
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relativamente alla risoluzione ottenibile (ovvero alla capacità di distinguere righe contigue), occorre premettere che la formula classica della risoluzione spettrale fornita da un reticolo è R= M x N X P dove M è l'ordine di diffrazione, N è la densità in l/mm del reticolo, e P è la superficie dello stesso illuminata in mm
Un reticolo da 100 l/mm come lo Star Analyser, di dimensioni pari a 26 mm nell'ordine 1 avrà quindi una risoluzione pari a 100x 26 x1 = 2600, che ovviamente è la massima possibile, considerando illuminata tutta la superficie del reticolo.La capacità teorica di risolvere due righe adiacenti ad una data lunghezza d'onda risulterà quindi in tal caso : Lambda/ 2600 0vvero, ad es. a 6563 A, = 6563/2600 = 2,52 A
In realtà le cose non stanno così .Il valore P, del campo illuminato da un oggetto puntiforme (come una stella) è dato dal rapporto d/(F/D) dove d è la distanza del reticolo dal sensore e F/D è il rapporto focale/ diametro dell'ottica. il che vuol dire che in uno strumento a F/D 10 come i comuni Schmidt-Cassegrain, un reticolo da 100 l/mm come lo Star Analyser posto a 50 mm dal sensore avrà un valore P in mm =50/10=5 e quindi un potere risolutivo di 100 X 5X1 = 500 che a 6563 A diventa 6563/500 = 13.1A.
In conclusione conviene allontanare il reticolo dal sensore per ottenere maggior risoluzione possibile,facendo si che una superficie maggiore del reticolo sia bagnato dal fascio ottico in ingresso, sino al punto in cui non venga esclusa dall'immagine ottenuta la stella di ordine 0, necessaria, oltre che per una eventuale guida, anche per la messa a registro degli spettri con quelli di riferimento.Una volta determinata la distanza ottimale per il nostro setup, converrà poi mettere lo Star Analyser sempre alla stessa distanza, in modo da non alterare la dispersione e non precludere la possibilità di comparazione tra spettri diversi.
1) L'Acquisizione degli spettri bidimensionali
Una volta ottenuta l’immagine con gli spettri di campo, dopo aver applicato dark e flat e sottratto il fondo cielo (con IRIS o l'ultima versione di VSpec), ruotarla in modo da avere la parte rossa a destra. Occorre fare preliminarmente attenzione al fatto che VSpec digerisce male, appiattendole, le immagini con valori superiori a 32.000 Adu, quindi in caso di superamento di tale valore occorre ridurlo con le apposite operazioni aritmetiche di divisione possibili con alcuni programmi.
eventualmente croppare la striscia contenente l'immagine in casi, come il seguente (spettro della SN in M51), di molte stelle nel campo ed alcune molto vicine allo spettro di interesse,in modo da isolare lo spettro stesso come con una fenditura virtuale , eliminando le stelle di campo capaci di di inquinarlo con luce spuria:
2) la calibrazione in lunghezza d'onda con due righe conosciute
importare il file fit in VSpec e ricavare il profilo premendo il pulsante “Object binning” Ci verrà presentato un grafico dello spettro con le lunghezze d'onda sull'asse delle ascisse e le intensità su quello delle ordinate, con delle cuspidi in assorbimento od emissione , che sono le righe spettrali.Se conosciamo due righe ,prendiamone le lunghezze d’onda (ad es. 4861 e 6563 nel caso delle righe di Balmer dell'Idrogeno) ed inseriamole nel menu “Options- Preferences-References” come linee 1 e 2.Torniamo al nostro profilo originario, e nel menu “Spectrometry” selezioniamo “ Calibration 2 lines” il programma ci chiederà se vogliamo usare la serie corrente per la calibrazione, rispondiamo si.Selezioniamo quindi col mouse prima la riga 1 a 4861 A, poi quella a 6563 A quindi,premendo il pulsante destro del mouse, attiviamo poi l’opzione”calibrate”: la calibrazione sarà operativa, nella barra superiore apparirà il valore della dispersione in A/pixel a destra, e, passando il mouse sul profilo, ciascuna riga avrà la corrispondente lunghezza d’onda, che appare sulla barra superiore a sinistra.Nel caso non conosciamo alcuna riga dello spettro potremo usare la libreria di Vspec (lib.spec) ed aprire da essa il profilo calibrato(dat.) di una stella della stessa classe spettrale per visualizzarne la lunghezza d'onda dei vari elementi da usare per la calibrazione.
Per avere la graduazione delle lunghezze d’onda e delle intensità premere il pulsante “graduations”.Ora, se non conosciamo gli elementi associati ad alcune di quelle righe,ovvero per controllare se le righe scelte per la calibrazione siano esatte, basta andare sul menu “Tools-Elements”, selezionare l’elemento o gli elementi ritenuti più probabili in base alla classe spettrale della stella (nel nostro caso l'idrogeno), quindi premere “Sort” nel menu Elements per selezionarli,e, per inserirli nel profilo, premere “export”.
In definitiva il nostro profilo calibrato per la lunghezza d’onda apparirà come nell’immagine sottostante.Le linee in verde identificano le righe della serie di Balmer dell'idrogeno .Se si vogliono identificare altre righe, ripetere l’operazione con quanti altri elementi si vogliono, stando ovviamente attenti alla coincidenza delle righe inserite nel grafico con quelle del profilo.Nella barra superiore appare invece la dispersione in Angstrom per pixel.
l nostro lavoro è ora già abbastanza completo in quanto conosciamo gli elementi chimici associati alla stella e le relative righe di assorbimento od emissione.E’ bene dire , a questo punto che per la definizione delle intensità del flusso occorre effettuare anche la normalizzazione del continuo, che viene portato generalmente a 1 nel suo max.Per fare ciò occorre prima andare sul solito menu “preferences” –continuum, e specificare le lunghezze d’onda iniziali e finali del continuo, ovvero di quella parte del profilo che non presenta righe.Fatto ciò, si può andare nel menu “operations” e attivare “Normalize”, che porrà il continuo indicato a 1 sull’asse Y.
Queste operazioni. Che preliminarmente possono sembrare complicate, ma che con la pratica divengono routinarie, ci permettono già di possedere un formidabile strumento scientifico, che ci da numerosi dati ed elementi di valutazione dell’oggetto del quale si è registrato lo spettro.
3-La calibrazione in lunghezza d'onda con una stella di riferimento
La calibrazione con Vspec con due righe note all’interno dello spettro ripreso con consente la misura dell’effetto doppler e del relativo shift, particolarmente utile nella valutazione degli spettri delle supernove e dei blazars e quasars.
E’ pertanto utile calibrare uno spettro sconosciuto, con poche od indistinte righe, spesso shiftate per effetto doppler, con uno spettro di riferimento già calibrato.Sono molto utili a tale scopo, le stelle di Classe A0, con le righe di Balmer dell’Idrogeno ben distinte ed intense.Stelle come Alioth e Phecda in Ursa Maior, Vega nella Lira, Rigel in Orionis, etc, si prestano molto bene a tale incombenza.Ovviamente la ripresa spettroscopica della stella di riferimento andrà fatta con lo stesso identico setup dello spettro da calibrare, con la stessa messa a fuoco e , se possibile, nella stessa serata.Il reticolo dello spettroscopio si dovrà inoltre trovare alla stessa distanza dal sensore della camera per non alterare la dispersione.
Una volta acquisiti, i due spettri bidimensionali ,come nell’esempio che segue della SN fe 2011 in M101, andranno allineati all’asse delle x, ruotati in modo che la stella di ordine 0 ed il blu si trovino a sinistra e, successivamente croppati in modo da evidenziare la stella o l’oggetto di interesse e lo spettro relativo.Essi andranno inoltre allineati e messi a registro reciprocamente con precisione sub-pixel con Astroart , Maxim DL od altro programma simile sulla stella di ordine 0.E' bene precisare , a tale proposito, se se l'operazione di allineamento non viene effettuata, od è effettuata male, Visual Spec non funzionerà correttamente nelle operazioni successive
Gli spettri appariranno infine come segue:
a) spettro della stella di interesse
b) spettro della stella di riferimento
1-Si procederà quindi a caricare in Vspec l’immagine dello spettro della stella o dell'oggetto da calibrare ed estrarne il profilo con il comando “object binning” nell’apposito pulsante della toolbar.
2-Si caricherà quindi lo spettro della stella di riferimento, e , per ottenerne il profilo si premerà il pulsante "reference binning": i due profili spettrali appariranno sovrapposti e perfettamente a registro, dall'ordine 0 in poi.
3- si opererà la calibrazione su due righe note della stella di riferimento, e automaticamente la calibrazione sarà operante anche sulla stella od oggetto che si vuole calibrare (nel nostro caso la SN sopra nell'immagine).
Per identificare gli elementi e le rispettive lunghezze d’onda dello spettro di interesse (nel nostro caso quello della supernova), esaminandone l’eventuale shift, basterà richiamare la voce “elements” nel menu “Tools” e selezionare quelli che si ritiene facciano parte dello spettro: Nell’esempio che segue, trattandosi dello spettro di una Supernova di tipo 1a, si sono selezionati il Si II ed il Ca II.
Confrontando poi la lunghezza d’onda delle righe in assorbimento osservate nello spettro con quella degli elementi a riposo si potrà determinare lo spostamento doppler verso il blu od il rosso, la velocità, etc, come nell'esempio precedente della SN 2011 fe in M101:
4-Procedura di calibrazione per la risposta del sistema
La procedura di calibrazione in lunghezza d'onda dianzi descritta permette di ottenere una immediata leggibilità dello spettro di interesse per quanto riguarda gli elementi coinvolti e la loro posizione nello spettroIl profilo ottenuto, tuttavia, deve mostrare anche con precisione l'intensità del continuo per ciascun colore dell'oggetto. Questa risulta tuttavia alterata dal fatto che il sensore della camera ha una propria sensibilità (risposta spettrale) alla luce, che ovviamente incide sull'intensità delle varie parti dello spettro.Lo strato antiriflesso, il coating e la stessa composizione dei vetri delle ottiche incidono inoltre, seppure in misura molto inferiore, sulla intensità spettrale.Occorre quindi depurare il profilo spettrale ottenuto da tali elementi di disturbo, rendendolo in tal modo comparabile con quelli dello stesso oggetto ottenuti da altri osservatori, ovvero dallo stesso osservatore con un diverso setup.
La procedura può sembrare complessa, ma consta di pochi passi, che una volta acquisiti diventano routinari:
1) Caricare il profilo già calibrato in lunghezza d'onda in VSpec: andare sul menu "tools- library" e selezionare un profilo spettrale di una stella della stessa classe spettrale di quella che stiamo esaminando nel nostro esempio Alioth , quindi trascinarlo col mouse all'interno del profilo in esame.I due profili appariranno allora sovrapposti e di diverso colore.I profili contenuti nella libreria sono stati ottenuti con strumentazioni professionali e calibrati per la risposta, quindi perfettamente comparabili.Nella finestra a tendina in alto a sinistra apparirà la selezione "a0v dat" che identifica il profilo caricato dalla libreria.
2) Croppare (menu Edit-crop) i due profili alla lunghezza d'onda iniziale del profilo spettrale di interesse
3) Nella finestra a tendina superiore selezionare la serie del profilo di interesse (Intensity) quindi dividerlo per il profilo della stella caricato dalla libreria (a0 .dat), utilizzando il menu "Operations-divide profile by profile" .Otterremo un terzo profilo, di diverso colore, sovrapposto agli altri due (nella finestra appare come "Division):
4) Per fare pulizia andiamo sul pulsante con la scopa affianco alla finestra a tendina, premiamolo, e tutti i profili spariranno; selezioniamo quindi nella finestra a tendina la voce "Division", ed apparirà il solo profilo (in verde) della divisione:
5) Su detto profilo occorre ora operare una operazione di estrazione del continuo eliminando le cuspidi delle righe e facendo poi una operazione di smoothing .Si va quindi sul menu "Radiometry-compute continuum"e si attiva la procedura.In alto a sinistra appariranno dei pulsanti relativi a questa, con diverse modalità di esecuzione (point-curve e suppress-zone) io scelgo in genere la prima, che consiste nell'indicare, premendo sulla curva stessa col tasto sx del mouse, i punti della curva in cui non appaiono cuspidi o avvallamenti (In genere bastano una ventina di punti) quindi premere il pulsante "execute".Apparirà allora la curva di risposta del sistema (in arancione) interpolata alla precedente, con un menu a tendina che servirà per l'ulteriore smoothing della curva in modo da interpolarla con maggior precisione.Una volta fatto premere OK, ripulire nuovamente lo schermo e selezionare "Division" nel menu a tendina , in modo da far apparire solo la curva di risposta.
6) La curva trovata, che appare nella finestra a tendina come "Fit Division" costituisce quindi la risposta spettrale del sistema usato, una sorta di "flat" spettroscopica che potrà essere nuovamente usata, a patto di non cambiare il setup e le modalità di ripresa.Essa può essere quindi salvata (menu Edit- replace- intensitè).
7) Ripetiamo ora l'operazione di divisione del profilo originario per detta curva.Andiamo sulla finestra a tendina e selezioniamo "Intensity", quindi nel menu "Operations-divide profile by profile" dividiamo il predetto per la curva in questione (fit division); otterremo il seguente risultato (se la curva appare troppo bassa ed aderente all'asse x andare sul menu a lato destro del profilo e premere il pulsante freccia in su sino ad ottenere l'intensità voluta).Il profilo spettrale della stella è ora calibrato anche in intensità (con un picco intorno ai 3900 A) e può essere tranquillamente confrontato con quello di altri oservatori o con altri spettri.
8) Confrontando , infatti, ora il nostro profilo spettrale originario del nostro spettro amatoriale con quello dello spettro professionale della libreria a0v.dat usato per la calibrazione notiamo una quasi completa corrispondenza (se si escludono le righe dell'ATM, non presenti nello spettro professionale), sintomo che l'operazione di calibrazione per la risposta è ben riuscita.I nostri modesti spettri, acquisiti con mezzi modesti, potranno essere quindi comparabili anche con quelli professionali, dando un'impronta di serietà e scientificità al nostro lavoro.
E se si vogliono funzioni od elaborazioni più sofisticate?
Il discorso fatto sinora è stato quello di coniugare semplicità con rigore scientifico, perlomeno per quanto riguarda le possibilità di un amatore.Se si vogliono, tuttavia, ulteriori funzioni, come una calibrazione più accurata come quella non lineare, la misura del centro riga, della FWHM o della LEQ (larghezza equivalente) delle righe.
Per la determinazione del doppler shift delle righe, ed in genere per altre misure conviene conoscere l'esatto punto centrale di una riga: VSpec lo fa con estrema precisione. Contornando la riga di interesse col mouse,ed attivando il menu " spectrometry- computation preferences" appare una finestra con i principali dati di interesse ottenibili sulla riga, tra i quali, appunto, il centro riga.
Con lo stesso comando VSpec opera, oltre a quella descritta del centro riga, una serie di misure sulle righe dello spettro calibrato in lunghezza d'onda, vediamo brevemente quali sono le principali:
-FWHM
la piena estensione a metà altezza della riga,: essa è usata per le misure dell'espansione dei dischi stellari, con la nota formula E= C x FWHM/lambda, dove E è l'espansione misurata, C è la velocità della luce, e FWHM la misura in Angstrom di detto valore.La misura peraltro viene effettuata in pixel nello spettro non calibrato, ed in Angstrom in quello calibrato.La prima è utile anche in situazioni che non hanno a che fare direttamente con la spettroscopia, come la misurazione del seeing e della messa a punto della strumentazione, nonchè, per gli spettroscopi a fenditura , per la misura della larghezza di questa.
-LEQ (Equivalent Width)
indica la parte del continuo normalizzato che presenta la stessa area del profilo della riga; in pratica è l'area contenuta nel profilo della riga normalizzato.Perchè abbia senso è quindi necessario operare la normalizzazione del profilo spettrale all'unità.Essa misura l'intensità di una riga.
Il profilo di riga è stabilito dalle leggi della fisica e dall'energia della transizione, dalla pressione ,dalla temperatura, dalla turbolenza e da altri fattori quali lo spostamento doppler.La determinazione della sola FWHM può quindi portare a valutazioni errate, e risulta più utile sovrapporre ed interpolare la riga con una Gaussiana: per fare ciò basta contornare come al solito la riga ed andare sul menu "Spectrometry- Gaussian fit".Nell'esempio sotto riportato questa si inserisce perfettamente nel profilo di riga,e ne viene riportato il baricentro e la FWHM.
Un'altra funzione interessante è quella di determinazione della curva di Planck della temperatura superficiale della stella.Essa è ottenibile per i profili calibrati per il continuo con la funzione apposita del menu "Radiometry-Planck".Ci sono due possibilità: la prima (Planck) quella di inserire manualmente la temperatura prevista in un'apposito menu, per tentativi, ed osservarne la corrispondenza col profilo.La seconda è quella di far effettuare al programma la scelta della temperatura in base alla curva che più si adatta al profilo (auto-Planck).Alla fine si otterrà una curva sovrapposta al profilo con la relativa temperatura.Il dato è, tuttavia, approssimato e difficilmente realmente preciso.Nell'immagine che segue è il profilo di Alioth (classe A0V) con una temperatura di 10.000 K, che si avvicina abbastanza a quella reale.
Come utilizzare lo Star Analyser 100 a piena risoluzione
Come si è visto all'inizio,in pratica con alcuni strumenti, (SC, Mak) ad alto rapporto F/D risulta difficile ottenere la piena risoluzione teorica di R= 2600 dallo Star Analyser, spesso anche in conseguenza del treno ottico applicato allo strumento (portafiltri, OAG, ed altri accessori) per il quale risulta problematico posizionare lo SA a sufficiente distanza dal sensore di ripresa.
Tale limitazione è tuttavia molto meno avvertita per i rifrattori a corta focale, nei quali il cono ottico è abbastanza accentuato e corto.In tali casi potrà essere calcolata la distanza esatta dall'obiettivo alla quale potrà essere posizionato il reticolo utilizzando la nota formula di calcolo dei diaframmi di un telescopio in funzione del campo di piena luce.
A(n) = C+ (F - X(n)) x (D-C)/F
dove:
A(n) è il diametro del diaframma
C il campo di piena luce
F la lunghezza focale dell'obiettivo
X(n) la distanza del diaframma dall'obiettivo
D il diametro dell'obiettivo
I valori sono tutti in mm.
Ammettiamo, ad esempio, di utilizzare un rifrattore da 80 mm e 560 mm di F ed un sensore con una diagonale di 10 mm; dalla formula precedente, risulta:
26 = 10 +(560 - 430) X (80-10)/560, ovvero, che per coprire un CPL di 10 con un filtro da 26 mm , lo stesso va posizionato a 430 mm di distanza dall'obiettivo
La prova effettuata su Sirio, con un rifrattore apo 80/560 Tecnosky ed una camera Atik con sensore con pixel da 6.8 micron, ha permesso, nonostante le non buone condizioni meteo, di testare la validità del sistema.Sono state infatti registrate sulla stella di tipo A0 v ben sette righe della serie di Balmer dell'Idrogeno (serie convergente, come è noto, a 3646 A) per l'ultima della quale, nell'UV la lunghezza d'onda è stata calcolata in modo approssimativo in 3847 A non essendo trovato riscontro su testi e web.La dispersione ottenuta è stata di 5.9 A/pixel.Il miglioramento in termini di resa è stato quindi netto rispetto alla "normale"collocazione a 50-60 mm dal sensore.
punti deboli del sistema sono la presenza del solo spettro di ordine 1 nel campo inquadrato,senza l'ordine 0 e la conseguente necessità di mettere a fuoco sulle righe (a meno che non si voglia andare sulla stella di ordine 0 e poi tornare sullo spettro), e l' opportunità di un flip mirror per inquadrare con precisione lo spettro stesso.