QUASARS !

 

Da una grande città come Roma non sono molti gli oggetti del profondo cielo  dei quali è possibile effettuare una ripresa CCD ed uno studio di qualche significato: stelle doppie, stelle peculiari, galassie molto piccole e concentrate con nuclei attivi (galassie di Seyfert), nebulose planetarie, e , in una parola, tutti gli oggetti di ridotta estensione angolare, per i quali l'inquinamento luminoso, pur presente, è in qualche modo meno avvertibile.A queste posso aggiungere un altra categoria, anche se può sembrare a prima vista impossibile: la ripresa e lo studio degli oggetti più studiati, lontani ed elusivi dell'universo: i quasars.

Quando, negli anni 60, vennero percepite forti emissioni in banda  radio provenienti da oggetti di apparenza stellare , gli astronomi cercarono di approfondire questa anomalia, scoprendo presto che tali oggetti possedevano spettri peculiari, non riscontrabili in alcuna stella conosciuta, e , per di più, non possedevano righe di assorbimento, ma forti linee di emissione.Il primo di questi oggetti, 3C 273 (il 273 oggetto del catalogo di Cambridge delle sorgenti radio),  fu studiato nel 1963, scoprendo che le righe dell'idrogeno manifestavano un forte redshift (spostamento verso il rosso) e che, sulla base della legge di Hubble esso era ben al di fuori della galassia e si allontanava a ben 47.400 Km per sec, un'apprezzabile parte della velocità della luce.Tali oggetti, di apparenza stellare, molto luminosi e molto lontani, con forti emissioni  radio, furono chiamati "Quasi Stellar Radio Source" abbreviato in Quasars, ed il nome rimase anche quando se ne scoprirono alcuni che non possedevano  una forte emissione radio, e si accertò, anzi,che  tale emissione era caratteristica di solo il 10% circa di essi.

Ma la vera stranezza di questi oggetti non era la loro distanza, ma la loro grande luminosità, ed il fatto che questa enorme quantità di energia proveniva da un volume di spazio ridotto, in alcuni caso dell'ordine del nostro sistema solare, decine di migliaia di volte più piccolo di una galassia ordinaria! Inoltre, la parte continua del loro spettro possedeva una caratteristica particolare:mentre nelle stelle, e per converso nelle galassie ordinarie, esso raggiunge il picco di intensità alle lunghezze d'onda correlate alla temperatura,e poi decade, ed è quindi uno spettro termico, nei quasars ciò non si verifica, in quanto essi posseggono spettri di simile intensità in tutte le lunghezze d'onda, dai raggi  gamma e X , all'ultravioletto, al visibile, all'infrarosso ed alle onde radio: essi possiedono quindi spettri non termici.

Ulteriori studi sui quasars hanno permesso di scoprire, specie per quelli più vicini, una debolissima emissione che li circonda: essi sono ritenuti quindi essere, in buona parte dei casi, nuclei attivi di galassie lontanissime, che nella maggior parte dei casi non sono visibili per l'enorme distanza.Ma quale sarebbe il motore di questa enorme energia? si pensa che si tratti, come per le Galassie di Seyfert e le radiogalassie, di un gigantesco buco nero con un disco di accrescimento in rapida rotazione attorno al proprio asse, dal quale la materia, gas , polveri,ed anche  intere stelle cadrebbe in continuazione , producendo la enorme emissione di energia osservata.

Il modello descritto si inserisce in quello dell'evoluzione dell'universo, in quanto spiega perchè essi erano più comuni nell'universo primitivo, e che possibilmente un gran parte delle galassie siano passate attraverso questo stadio, che ha poi avuto termine con l'esaurimento della materia che costituiva il combustibile del buco nero.Parlo dell'inizio dell'universo in quanto sembra ormai accettato da parte della comunità scientifica, a parte alcune eccezioni, l'origine cosmologica dei redshift dei quasars e che quindi, più alto è questo, più indietro nel tempo è osservato l'oggetto che lo causa.

Redshift o spostamento verso il rosso è il termine col quale è definita una situazione nella quale le principali righe di assorbimento o di emissione dello spettro di un dato oggetto sono spostate verso la parte rossa , verso lunghezze d'onda maggiori rispetto ad uno spettro campione, indicando che l'oggetto stesso si allontana dall'osservatore  per effetto doppler od altri effetti. (Fig 1)

lo spostamento verso il rosso è proporzionale alla  distanza delle galassie o degli oggetti che emettono luce, un fatto scoperto da Edwin Hubble e conosciuto come legge di Hubble. Poiché lo spostamento verso il rosso è causato dal movimento della sorgente (o dall'espansione dello spazio che separa osservatore e sorgente), il significato è che più distanti sono le galassie, più velocemente si allontanano da noi.

Per galassie più distanti, la relazione tra la distanza e lo spostamento verso il rosso è più complessa. Quando si osserva una galassia distante la si vede com'era nel passato, poiché la velocità della luce è finita, nel momento in cui si stava allontanando ad una velocità diversa da adesso, e le influenze sulla sua velocità da parte della forza di gravità dell'Universo e forse della costante cosmologica diventano significative

 

 

           

                                                                              Fig1 - Spostamento dello spettro di un oggetto verso la parte rossa per effetto doppler od altri effetti

 

la formula canonica con la quale si misura il Redshift, indicato con la lettera z, è la seguente:

Z = L1 - L o/ Lo  =    dL/Lo

dove: Lo                   è la lunghezza d'onda  "a riposo" della riga  di un dato elemento

            L1                   è la lunghezza d'onda osservata della riga stessa

            L1-Lo = dL       è l'incremento di lunghezza d'onda osservata

Quindi, se ad es. la riga di assorbimento dell'Idrogeno beta a 4861 A viene osservata a 5500 A, il redshift  z dell'oggetto risulta pari a: (5500 - 4861) / 4861 = 639 / 4861 = 0,13

La velocità V alla quale l'oggetto si muove è data dalla formula:

V =  c x z

dove : C =    velocità della luce nel vuoto

              z  =   redshift

Nell'esempio precedente  risulterebbe quindi: V = 300.000 x  0,13 =  39. 000 Km per sec.Tuttavia tale formula è applicabile a redshift relativamente piccoli, con z < 0,1

Una formula più completa, che tiene conto degli effetti relativistici di redshift elevati,con z > 0,1, quali quelli della maggior parte dei quasars, è la seguente:

V = c x  (z+1)^2 -1 / (z+1)^2 + 1

Nell'esempio sopra riportato, V risulterebbe quindi pari a  300.000 x 0.277 / 2,277 = 36.300 Km per sec

Nota la velocità v dell'oggetto, si può determinarne la distanza in Mpc (Mega parsec) con la nota formula.

D = V / Ho

 dove Ho è la celebre "costante di Hubble", la costante di proporzionalità che lega la velocità  di recessione delle galassie alla loro distanza.Essa è ritenuta, sulla base delle attuali conoscenze,ed in particolare delle ricerche del satellite Planck nel 2013 avere un valore di 67.8 Km per sec/per Mpc, inferiore quindi a quello precedentemente calcolato.

Ancora nell'esempio precedente, quindi, la distanza dell'oggetto osservato sarebbe pari a  36300 / 67.8 = 535.39 Mpc

ossia, tenuto conto che 1 Mpc = 1 milione di parsec = 3.261.470  Anni luce, la distanza cercata è di 1,746 miliardi di A.L. circa.

I quasars si sono formati in modo rapido ed efficiente, con un'età dell'universo pari a circa 1/3 di quella attuale (redshift  < 2) , periodo in cui la maggior parte delle galassie avevano un nucleo attivo  particolarmente brillante, dovuto ,come si è detto, al meccanismo di alimentazione di un buco nero supermassiccio.I quasars ad alto redshift (2 - 6) che appaiono brillanti sono probabilmente spenti da miliardi di anni, in quanto hanno esaurito il combustibile di materia, gas , polveri e stelle che li che alimentava.Il meccanismo può riattivarsi, come nel caso delle galassie interagenti, nel caso di nuova materia che si approssimi al buco nero.

I quasar offrono anche   una valida misura della distribuzione e della tipologia della materia gassosa nell'universo, sul livello di ionizzazione dell'idrogeno che in gran parte la compone in un fondo UV, e sullo stato del mezzo intergalattico grazie all'osservazione ed allo studio della cd "foresta di Lyman".A questo punto è necessario chiarire cosa si intende per "foresta di Lyman".Nel 1906 un fisico, Theodore Lyman, studiò lo spettro ultravioletto del gas dì idrogeno elettricamente eccitato, nelle lunghezze d'onda da 911 a 1216 A, riscontrando una frequenza non continua ed omogenea delle relative righe di emissione, che venne codificata con un apposita formula, generante una serie , a similitudine di quanto effettuato da Balmer per la omonima  serie delle righe dell'idrogeno nel visibile.Tornando ai quasars, occorre dire che questi presentano in genere una forte emissione nella riga Lyman Alfa a 1216 A, ovviamente spostata verso il rosso in base al redshift, e righe di assorbimento , dovute alle nubi di gas interposte tra i quasars e l'osservatore,che la precedono in quanto tali nubi sono poste a distanze inferiori  .Ora, man mano che il redshift è più elevato, e la distanza degli oggetti maggiore, cresce anche il numero delle nubi di gas assorbenti e delle righe di assorbimento relative, sino alla loro sovrapposizione in un insieme che viene detta "foresta di Lyman".Quindi, mentre nei quasars a basso redshift le righe di assorbimento a valle della Lyman Alfa sono poche ed individuate, in quelli a redshift elevato sono molto più numerose, sino a sovrapporsi (Fig 2)

          

                                                                                      Fig 2- Esempio di foresta di Lyman in Quasars a diverso redshift

Lo studio della composizione e della struttura delle righe della foresta di Lyman permette inoltre di ottenere interessanti indicazioni sullo stato e l'epoca della reionizzazione dell'idrogeno nell'universo e sull'inizio dei processi di formazione delle stelle e delle galassie ponendo, sembra, ad un redshift intorno a 7 l'inizio di tali processi.Esso costituisce quindi un potente strumento di studio cosmologico.Mentre negli spettri dei quasars a medio- basso redshift spesso dominano linee di emissione del C, Mg, OIII, Ha, la riga Lyman Alpha resta quella principale, quanto ad intensità, dei quasars ad alto redshift, nei quali le righe restanti sono peraltro spostate verso l'IR.Nella figura che segue è mostrata la mediana dello spettro composito di n 2204 quasars di diverso redshift, con una media di z = 1,253, con le principali linee di emissione.(Fonte: "The Astronomical Journal, August 2001, Composite Quasar Spectra from SDSS").Nel grafico è ovviamente riportata la lunghezza d'onda a riposo dei vari elementi.Come si vede l'intensità e lo spessore della Lyman Alpha primeggia sulle altre.

 

La scoperta dei quasars ad alto redshift  segnò un punto di svolta nel 1973 con la scoperta del Qso OQ 172, che presentava appunto una forte riga di emissione Lyman Alpha a 5508 A, in piena zona verde-giallo,anzichè a 1216 A, nell'UV come è evidente nella seguente elaborazione (fonte Malcom Longair) :

                                                                                                      

L'oggetto, situato ad AR  14 45 16,4 e Dec +09 58 36, è accreditato di un redshift di 3,52 e di una velocità di recessione di  272.000 Km per sec .Nella seguente figura è mostrata l'immagine dell'elusivo oggetto in RGB con una deconvoluzione di max entropia.E' stata ottenuta lo scorso mese di marzo 2008 , in 3 sessioni, da casa mia a Roma con la somma di 50 frames da 30 sec per il verde, 50 per il rosso e 40 per il blu,  con un C14 @ f 7, camera Atik 16 HR in binning 2x2

                                                                                  

 

Dalla formula in precedenza richiamata si ottiene infatti, relativamente alla sola riga Lyman Alpha: z = 4292 / 1216 = 3,529, mentre la formula della velocità ci dà 272.100 Km sec.Da qui essendo 272.100/ 67.8 = 4013,27 MPC = 13, 09 miliardi di anni luce circa al valore attuale di Ho di 67.8.La magnitudine riportata nel catalogo USNO A2 è di 18,3 nel blu, ma dalle mie immagini l'ho stimata, sulla base delle magnitudini delle stelle vicine riportate nello stesso catalogo, di 18,6 nel verde, 19 circa nel blu e oltre 19 nel rosso .Le stime non sono state calibrate sulla sensibilità spettrale del sensore ed hanno valore puramente indicativo, data la situazione di estremo inquinamento luminoso in cui sono state effettuate le riprese.L'analisi delle immagini nei tre colori RGB ha permesso quindi di evidenziare che l'emissione dell'oggetto è maggiore nel verde, in accordo con l'analisi spettrale, che, come si è detto, gli assegna una forte emissione nella riga Lyman Alpha a 5500 A.

Inutile dire che la ripresa di oggetti così distanti , al di là dell'interesse scientifico e speculativo, è fonte di genuina emozione: sapere che i fotoni che hanno raggiunto la camera di ripresa hanno effettuato un viaggio inimmaginabile nello spazio e nel tempo ci fa riflettere e meditare non poco sulla vastità dell'universo che ci circonda e sulla nostra condizione.L'osservazione riportata intende essere la prima di altre, che spero ancora più interessanti, di oggetti lontani ed esotici ai confini dell'universo conosciuto con la relativa analisi spettrale.

Altri oggetti distanti, interessanti quanto i quasars propriamente detti, sono le galassie di Seyfert (tipo 1 e 2) con nuclei  particolarmente brillanti, tant'è che vengono anche chiamati AGN (active galactic nuclei).Questa brillantezza del loro nucleo accomuna tali oggetti, per altri versi alquanto diversi, ai Quasars ed alle radiogalassie ed agli oggetti BL Lacerte.I loro spettri presentano normalmente linee di assorbimento dovute alla somma delle righe delle stelle che le compongono, ma per alcune di esse predominano le linee di emissione, in particolare  dell'idrogeno alfa o beta, dovute al gas ionizzato che non appartiene alle stelle dei nuclei.E' il caso, ad es. di M77, NGC 4151, M 106, per citare le più conosciute.Non si tratta in genere di oggetti molto distanti, di redshift molto inferiore a 1.

Ho tentato , incuriosito dalle caratteristiche , di effettuare al solito una ripresa di uno di questi oggetti, la galassia NGC 5548 da Roma.Questa è una galassia di dimensioni molto ridotte, 1,6 x 1,4' con un nucleo di aspetto stellare e dei bracci a spirale a malapena visibili da località con cieli limpidi, figuriamoci dalla citta'.Ma a me interessava lo spettro che, dalle informazioni trovate sul web doveva presentare una forte linea di emissione nell'idrogeno alfa.Riprendere, tuttavia, lo spettro di una galassia di 13^ mag da una città come Roma si presentava un'impresa , se non impossibile, molto difficile.D'altro canto, la stabilità dell'aria presente nei siti cittadini favorisce la ripresa di spettri a bassa risoluzione.NGC 5548 si trova a  circa sei  gradi da Arturo, Alfa Bootes, quindi è un oggetto facilmente identificabile ed osservabile. La ripresa è stata tentata con un C11 ridotto a f 6.3, e quindi a focale piuttosto elevata (1800 mm circa)ed è la somma di  50 frames da 30 secs con una camera Atik 16 HR in binning 2 x 2. 

 

                                                                                   

 

 L'immagine è stata pesantemente riscalata ed elaborata per far apparire una parte dei bracci a spirale. altrimenti non distinguibili dal fondo cielo.Si nota , tuttavia, l'estrema brillantezza del nucleo attivo rispetto ai bracci stessi.

             

 

 

La ripresa, sempre di 50 frames da 30 sec, con un filtro "Star Analyser" per ottenere lo spettro della galassia ha dato risultati piuttosto deludenti, ma comunque un segnale debolissimo è stato recepito dal CCD, come può vedersi dall'immagine soprastante, anch'essa pesantemente elaborata.

Mi sono poi rifatto con NGC 4151, una galassia di Seyfert, con un nucleo attivo molto concentrato e potente, ritenuto ospitare un buco nero supermassiccio, si trova a 43 Mln AL dalla terra nella costellazione dei Cani da Caccia.E' una delle poche galassie con un nucleo così concentrato da consentirne la ripresa dello spettro anche con spettrografi senza fenditura, come dimostra l'immagine che segue,del profilo spettrale della galassia ottenuto con uno Star Analyser 200.

 

 

 

 

 

 

La mia idea di riprendere in modo soddisfacente un Quasar dalla mia postazione cittadina è stata po soddisfatta qualche tempo dopo con un altro oggetto peculiare:

 

 

QSO KUV 18217 +6419 :

 

Un'osservazione al limite strumentale

 

An observation to the real instrumental limit

 

 

 

Col senno di poi che caratterizza tutte le vicende umane, mi sono chiesto per quali motivi la ripresa CCD di questo oggetto ha messo a durissima prova la mia strumentazione, e perchè io l'abbia ampiamente sottovalutata.Ma l'esperienza contribuisce a far capire ed a far approfondire tutte le cose della vita.Quando ho iniziato  a riprendere il Quasar KUV 18217 + 6419, nella costellazione del Drago, ero fermamente convinto che la registrazione dello spettro un oggetto della 14.2 mag non fosse poi così difficile,anche se da un cielo inquinato come quello della città di Roma.Avevo, in fin dei conti, già ripreso altri spettri di Supernove di magnitudine simile e, col mio C14 e la ST8 raggiungevo mediamente la 17^ magnitudine stellare in 2 minuti di integrazione; perchè quindi preoccuparsi?

La realtà , invece si è parecchio allontanata dalla mia convinzione, e, dopo aver registrato 40 frames da un  minuto (non avevo trovato stelle di guida in zona) con la predetta strumentazione ed un reticolo di diffrazione " Star Analyser 100" il 29 agosto 21014, in una serata di rara trasparenza del cielo, ho dovuto amaramente constatare che lo spettro, seppur visibile, era illeggibile e quindi inutilizzabile per il basso rapporto S/R, e non c'era la possibilità di estrarne alcuna informazione sullo stato fisico dell'oggetto in questione.

 

In hindsight that characterizes all human affairs, I asked for what reasons the CCD imaging of this object put to a severe test my equipment, and because I have widely underestimated it.But experience helps to understand and learn  all things of life.When I started to image Quasar KUV 18217 + 6419 in the constellation of the Dragon, I was firmly convinced that the recording of the spectrum of an object of mag14.2  was not so difficult, although from a very  polluted sky as that of the city of Rome.I had, after all, already taken other spectra of supernovae of similar magnitude and, with my C14 and the Sbig ST8 ccd I reached the 17th magnitude star in two minutes of integration; so why bother? 
The reality was quite away from my conviction, and, after recording 40 frames of 1 minute each  (I had not found a guide star  in the area) with the above-mentioned instruments and a diffraction grating "Star Analyser 100"on august, 29 2014, in an evening of rare transparency of the sky, I had bitterly noted that the spectrum, though visible, was unreadable and therefore unusable for the low S / N ratio, and there wasn't  possibility to extract any kind of  informations on the physical state of the object in question.

 

Ma, di che oggetto si parla? KUV 18217 +1649 è un Quasar brillante in Draco, ed uno dei più brillanti della sua classe.Esso fu scoperto nel 1977 come sorgente di raggi X dal satellite HEAO1.L' oggetto era stato ripreso nel 1980 nella survey KISO (KUV) con magnitudine 14.2 .Osservazioni spettroscopiche rivelarono più tardi la sua natura di Quasar con uno spettro di tipo Seyfert 1.La galassia ospite del QSO è una gigante ellittica, classificata come galassia infrarossa iperluminosa (HyLIRG).Sotto un 'immagine da 300 secs del campo del  mio C14 @f7 con al centro il QSO con campo di circa 10 x 16 '

But, speaking of what object? KUV 18217 +1649 is a bright Quasar in Draco, and one of the most brilliant of his class.It was discovered in 1977 as a source of X-rays from the satellite HEAO1.The object was imaged in 1980 in the survey KISO (KUV) with magnitude 14.2 .Spectroscopic observations later revealed the nature of Quasar with a spectrum of Seyfert 1.La the QSO host galaxy is a giant elliptical galaxy classified as Infrared Hyperluminous (HyLIRG).Hereunder a 300secs image 10 X 16'  wide of my Celestron 14@f7 with the QSO in the center.
 

 

 

 

L'immagine che segue, del  telescopio WIYN mostra il quasar con , sullo sfondo, l'ammasso di galassie CL 1821 +643 e la nebulosa planetaria diffusa PK 94 +27.1 (credit WIYN Observatory; NOAO, NSF)

The following image (credit WIYN Telescope, NOAO NSF) shows the QSO with the faint galaxy cluster CL 1821+643 and the diffuse planetary nebula PK 94+27.1

 

1821+643_wiyn.jpg

 

Dati dell'Oggetto

Object Data

 

RA:            18 21 57.2

Dec:         +64 20 36

Distanza : 1141 Mpc;  3.721.338.251,26 AL

Mag           14.24

Redshift:   0.297

Dati della strumentazione

Setup data

Celestron 14  f 7 ( 6,3 Meade focal reducer)

Sbig ST8 XME CCD camera

Star Analyser 100

10 Micron GM 2000 Mount

 

 

Come dicevo, la prima osservazione del 29 agosto 2014 dal mio Osservatorio di Ponte di Nona, alla periferia di Roma, fu una vera delusione, la somma delle 40 immagini spettrali non mostrava alcun dato, mi riservai quindi di ripeterla al più presto, cosa che feci il successivo 26 settembre , dopo circa un mese.Ai 40 frames originari furono sommati e calibrati con dark e flat altri 48 frames da 60 sec con Astroart, per un totale di 88 minuti di integrazione :quasi 1 ora e mezza, che da un cielo inquinato costituisce una vera sfida.Stavolta però si vedeva qualcosa, anche se molto debole, come confermato da un crop e binning molto forzato dello spettro del QSO estratto dall'immagine spettrale sottostante, in una zona di cielo affollata di stelle.L'immagine spettrale bidimensionale è stata quindi importata in Visual Spec e , dopo aver sottratto il fondo cielo,ne è stato estratto il profilo.Per la calibrazione è stata usata un'immagine dello spettro di Vega, messo a registro col primo.La calibrazione per la risposta è stata effettuata dividendo il profilo del QSO per la curva di risposta ottenuta dallo spettro di Vega.La dispersione ottenuta è stata di 15,4 A/pixel con il reticolo posto a 60 mm dal sensore CCD della camera.

As I said, the first observation from my observatory in Ponte di Nona, on the outskirts of Rome,on august, 29, 2014, was a real disappointment, the sum of 40 spectral images did not show any data, so I promised myself to repeat it as soon as possible, which I did the next 26 September , after about a month.To the previous 40 frames were then added 48 others  60 sec each , combined and and calibrated with dark and flat by Astroart, for a total of 88 minutes of integration: almost 1 hour and a half, that from a polluted sky is a real challenge.This time it was possible to see something, even if very weak, as confirmed by a crop and very forced binning  of the spectrum of the QSO extracted from the spectral image below, in an area of sky crowded with stars.The bidimensional image was then imported into Visual Spec and , after subtracting the sky background, it was extracted the profile.In order to perform wavelenght calibration has been used a  spectrum of Vega, put in register with the first.The calibration for the inetnsity was performed by division of QSO profile for the one of the intensity curve extracted from the spectrum of Vega.The dispersion was of 15.4 A/Pixel with the grating at 60 mm from the CCD sensor.

 

 

 

Lo spettro bidimensionale del QSO

Bidimensional QSO spectrum

 

 

Il profilo spettrale sovrapposto a quello della stella Vega, ripresa nella stessa sera, per la calibrazione in lunghezza d'onda.

The spectral profile overlying that of star Vega, to perform the calibration in wavelenght

 

 

Il profilo spettrale calibrato in lunghezza d'onda

the spectral profile calibrated in wavelenght

 

 

 

Il profilo calibrato per la risposta

The spectral profile calibrated for intensity and setup response

 

 

Da un primo esame del profilo spettrale calibrato risultano i primi problemi:

1- che il fuoco per il visibile non va bene per gli spettri redshiftati, in quanto nell'IR le righe appaiono leggermente fuori fuoco, al punto da sembrare quasi sdoppiate

2- La difficoltà di individuazione delle righe stesse, tenuto conto che l'unico spettro professionale reperibile on line dell'oggetto , al NED (NASA IPAC Extragalactic Database) è nel lontano IR, tra 46 e 200 micron.I dati certi sono quindi 2: il redshift, pari a 0.297, come risulta dal NED stesso. ed il tipo di spettro, comune ad altri QSO, di tipo Seyfert 1,l ovvero quello di con righe allargate alla base e sottili sopra, essenzialmente della serie di Balmer dell'Idrogeno (HG, Hb e Ha) e dell'OIII.Si trattava quindi di individuare tali righe nella loro esatta collocazione nel profilo spettrale del KUV 18217.Ora, sulla base del valore di z del NED, la lunghezza d'onda osservata di tali righe dovrebbe essere, sulla base della formula  dL=  z x L  (dL  e L rispettivamente l'incremento di lunghezza d'onda e la lunghezza d'onda a riposo)    come segue:

H gamma 4340 + (0,297 x 4340 )=      5629

H beta     4861 + (0.297 x 4861)  =      6305

OIII         5007 + (0.297 x 5007)  =     6494

Ha           6563  + (0.297 x 6563)  =     8512

 

A questo punto  restava che calcolare il centro delle righe più evidenti nel profilo per identificarle con ragionevole certezza, e derivare l'errore contenuto nel profilo del mio spettro rispetto ai dati professionali.La parte più difficile è stata la valutazione della riga Ha, che appariva con una doppia cuspide, a mio avviso dovuto alla leggera sfocatura,od anche al blend con l'NII, presente negli spettri di tipo Seyfert1: comunque ho considerato entrambe le cuspidi nella determinazione del centro riga la riga vicina, a 110 A circa verso l'IR potrebbe essere He1, ma è solo un'ipotesi. I valori in nero rappresentano quelli professionali e quelli in rosso la collocazione delle righe nel mio profilo.La determinazione del centro riga è stata effettuata con l'apposita routine di VSpec.

 

At an initial examination of the calibrated spectral profile  there were the first problems: 
1- that the point of focus for visible was not good for the lines  beyond the 7000 A, as in the IR lines appear slightly out of focus. 
2-The difficulty of identifying the lines, taking into account that the only professional spectrum available on the web, the NED (NASA IPAC Extragalactic Database) is in the far IR, between 46 and 200 micron.Then the reliable data were 2 : The redshift, equal to 0.297, as shown by the NED itself. and the type of spectrum, common to other QSO, Seyfert 1, namely that of the lines profiles widened at the base and thin above, essentially those of the Balmer series of Hydrogen (HG, Hb and Ha) and of  Oxygen OIII, and other elements such as NII, He I, etc.The most difficult job was therefore to identify those lines in their exact location in the spectral profile of the KUV 18217.Now, on the basis of the value of z found in  the NED, the wavelength of these lines should be observed, by applying the formula dL = zx L (dL and L, being ,respectively, the increase of the wavelength and the wavelength at rest) as follows:


H gamma     4340 + (0.297 x 4340)  =     5629 
H beta          4861 + (0297 x 4861)   =     6305 
OIII               5007 + (0297 x 5007)   =     6494 
H alpha        6563 + (0297 x 6563)   =     8512 

At this point remained to calculate the center of the most evident lines  in the profile to identify with reasonable certainty, and derive the error contained in the profile of my spectrum compared to the professional data .The hardest part of the job was the evaluation of the Ha line, which appeared with a double cusp, in my opinion due to the slight blur, so I considered both the cusps in the determination of the line center ,the line near this at about 110 A from it toward the IR could be Helium He1, but it is only a hypothesis. The values in black represent those professional and those in red the placement of the lines in my profile.The determination of the center line was performed with the appropriate routine of VSpec.
 

 

 

 

 

 

 

 

H gamma      5629      5647         +18

H beta           6305      6336         +31

OIII              6494      6495          + 1

Ha                 8512      8549         +37

 

 

Si trattava, in ultimo, di stabilire il redshift risultante dalla mia osservazione per le singole righe ed il suo valore medio con la solita formula z= dL/L:

It was, at last, to determine the redshift resulting from my observation for the individual lines and its average value with the usual formula z= dL/L:

 

H gamma         dL:  (5647 - 4340)     1307    0.301 

H beta                     (6336 - 4861)     1475       0.303

OIII                         (6495 -5007)     1488        0.297

Ha                            (8549 -6563)     1986        0,302

 Il valore di z medio è risultato  0,300 +- 0,002 (errore di 15 A dovuto alla bassa dispersione) L'errore rispetto al valore di z professionale è stato di 0.003, probabilmente in parte dovuto alla non perfetta messa a fuoco IR .

The average value of z was 0.300 + - 0.002 (error 15 A due to the low dispersion) with an  error ,respect to the professional z value of 0.003 was , probably ,due to imperfect focusing in the IR part of spectrum.

Un errore di 0,003 nel valore di z sembra accettabile, considerato il limite strumentale amatoriale, avrebbe, tuttavia, potuto esserci un un risultato ancora migliore con una focheggiatura più precisa nell'IR , magari focheggiando con un filtro rosso su una stella luminosa (un IR pass avrebbe poi  messo fuori fuoco il visibile).

Tornando poi alla considerazione iniziale circa la difficoltà di registrazione dello spettro, la risposta è semplice e chiaramente visibile nel profilo spettrale corretto per la risposta: la maggior parte dell'energia luminosa delle righe più intense come l'Ha è spostata nell'IR per il redshift, mentre nel visibile questa è bassa: la capacità di registrare lo spettro in questione è stata dovuta esclusivamente alla notevole efficienza quantica del sensore della Sbig ST8, il KAF 1603 con microlenti, nella parte infrarossa  che è di ben il 35% a 8500 A. Probabilmente con sensori con minore QE in questa parte dello spettro non sarei riuscito ad ottenere uno spettro leggibile dell'oggetto da Roma.

 

An error of 0.003 in the value of z seems acceptable considering the instrumental limit  of anamateur,  however,it could be a even better result with a more precise focusing a  in the IR, maybe focusing with a red filter on a bright star (an IR pass would then put out of focus the visible). 
Returning then to the initial consideration about the difficulty of recording the spectrum, the answer is simple and clearly visible in the spectral profile  corrected for instrumental response : most of the light energy of the  intense lines such as Ha is shifted in the IR for the redshift, while in the visible it is low: The ability to record the spectrum in question was exclusively due to the high quantum efficiency of the sensor SBIG ST8, the KAF 1603 with microlenses, in the infrared zone  high as 35% at 8500 A . Probably sensors with lower QE in this part of the spectrum would not be able to get a spectrum of the object  from Rome.