
Brevi cenni di astronomia pratica
per neofiti
Funzionamento dei
telescopi astronomici
e primi approcci all' astrofotografia
a cura di Fulvio Mete
I TELESCOPI
ed il loro uso
I
telescopi astronomici sono strumenti ottici attraverso i quali è
possibile esplorare l’Universo che ci circonda. Sostanzialmente
si tratta di strumenti in grado di catturare molta più luce di
quanto non possa fare l’occhio umano e quindi di rivelarci
oggetti altrimenti a noi invisibili o scarsamente visibili.
Inoltre, consentono un notevole ingrandimento dell’ immagine,
fattore determinante nell’ osservazione dei pianeti e importante
per cogliere dettagli e particolari della Luna e del Sole
(con appositi filtri dedicati). Esistono innumerevoli tipi e
configurazioni di telescopi, diversi per schema ottico,montatura,
prestazioni e prezzi, e quindi adatti ad un utilizzo sia
professionale che amatoriale.
La caratteristica più importante di un telescopio è la sua
apertura, cioè il diametro della lente
principale o dello specchio primario. L'apertura determina la
luminosità ed il contrasto di tutto ciò che potete osservare. Un
telescopio di 6 centimetri di apertura non potrà mai mostrare
stelle deboli o dettagli come un buon telescopio di 15 cm. Ed un
buon telescopio di 15 cm non potrà mai competere con un buon 25
cm.L'ingrandimento massimo ottenibile è quindi anch'esso in
funzione dell'apertura: diffidate quindi di chi vi offre
strumenti da 6 cm capaci, a suo dire, di 300 ingrandimenti:
sicuramente i 300 X saranno raggiungibili, ma a prezzo di
un'immagine sfocata, priva di contrasto e dettagli.Particolare
attenzione dovrà anche meritare la montatura: una montatura ,
equatoriale od altazimutale, solida sarà sempre una garanzia di
una visione ferma e priva di tremolii; ma se si parla di
astrofotografia,specie quella a lunga esposizione, allora la
qualità della montatura diventa l'elemento più importante, senza
il quale non si potranno ottenere risultati accettabili.
Una prima
classificazione dei telescopi può essere quella legata ai
mezzi ottici utilizzati come obiettivi: lenti o specchi.
I telescopi a lenti
I
Rifrattori
I telescopi a
lenti sono anche detti rifrattori, in quanto
sfruttano il principio di rifrazione della luce
per portare ad un punto di fuoco l'immagine di un oggetto
posto all'infinito. Lo schema ottico è quello
illustrato nella figura che segue. La luce
raccolta dall’ obiettivo viene focalizzata sul
punto , ove si trova anche il fuoco
dell’oculare, ed ingrandita da questo. Ed è
proprio attraverso l’oculare che si osserva
quindi l’immagine inquadrata.L'obiettivo
dei rifrattori è in genere formato da due lenti,
di diverso indice di rifrazione,che portano al
fuoco due dei colori dello spettro, verde e
rosso, mentre il blu-violetto da luogo a quello che viene
chiamato "spettro secondario" e non giace nello
stesso identico punto: in conseguenza di ciò, i
rifrattori acromatici presentano, agli alti
ingrandimenti, un leggero alone blu intorno
all'immagine (aberrazione
cromatica).L'aberrazione cromatica è, tuttavia,
inversamente proporzionale al rapporto F/D
(focale /diametro) dell'obiettivo, in parole
povere, a parità di diametro, più lunga è la
focale e meno avvertibile è la cromatica.Tale
inconveniente può essere superato con l'uso di
vetri speciali ovvero di tre lenti, che portano
allo stesso punto di fuoco tutti i colori dello
spettro; il costo di tali strumenti, detti
"rifrattori apocromatici" è tuttavia molto
elevato. I rifrattori hanno il pregio di
mostrare immagini molto nitide e contrastate, ed
il difetto della aberrazione cromatica,
limitatamente ai cd"rifrattori acromatici.In
proporzione, il loro costo è più elevato degli
strumenti a specchio, in quanto occorre lavorare
otticamente entrambe le facce di ciascuna lente
nell'obiettivo, e quindi 4 superfici, mentre
negli obiettivi a specchio ne va lavorata una
sola.Nell'800 ed all'inizio del secolo scorso i
telescopi dei grandi Osservatori astronomici
erano a lenti, con focali molto lunghe per
contenere l'aberrazione cromatica.I rifrattori ,
nell'ambito amatoriale vengono usati, quelli a
corto fuoco (F/D da 5 a 8) ,spesso ED od APO,
per fotografia astronomica con fotocamere
digitali e CCD, quelli a lungo fuoco per
osservazioni planetarie, lunari e solari (con
filtri appositi posti davanti all'obiettivo o
con speciali prismi detti "prismi di Herschel").

Nell'immagine che segue si osserva un telescopio
rifrattore di Fulvio Mete, attrezzato per
effettuare fotografia del cielo profondo, con
affiancato un altro rifrattore, occorrente per
effettuare senza errori l'inseguimento
dell'oggetto celeste fotografato compensando la
rotazione apparente della volta celeste con
l'uso di una montatura equatoriale motorizzata.

I telescopi a specchi
I Newton
Il classico
telescopio a specchi è il riflettore Newtoniano,
che prende il nome dal suo inventore, Isaac
Newton. In questi telescopi, l’obiettivo è
costituito da uno specchio parabolico (specchio
primario) che riflette e focalizza il fascio
ottico in ingresso in ingresso su uno
specchietto ellittico posto su un supporto a
45°(specchio secondario) e da questo "piegato"
verso l’oculare attraverso un’apertura praticata
sul fianco del tubo principale.Il riflettore
Newton, ed in genere gli strumenti a specchio,
hanno il vantaggio di una totale acromaticità,
in quanto la riflessione, al contrario della
rifrazione, porta allo stesso punto di fuoco
tutti i colori dello spettro visibile, per
contro la lavorazione della superficie degli
specchi va effettuata ad un livello superiore a
quello delle lenti se si vogliono ottenere buoni
risultati; inoltre la presenza sul cammino
ottico della ostruzione provocata dallo specchio
secondario e dal suo supporto provoca una
interferenza al cammino della luce, che si
traduce in un contrasto lievemente inferiore a
quello degli strumenti a lenti, fermo restando
il potere risolutivo, connesso al diametro.La
facilità di lavorazione delle ottiche fa
comunque sì che i riflettori Newton abbiano un
costo che , a parità di apertura , è
notevolmente inferiore quello dei rifrattori
acro .I newton sono considerati strumenti
"tuttofare" ed usati per l'osservazione e la
fotografia sia di oggetti del profondo cielo che
di luna , sole (con filtri) e pianeti.Nell'immagine
sottostante è riportato lo schema di un
riflettore Newton.Un lato negativo dei Newton è
l'ingombro ed il peso, che cresce con
l'apertura: sino a 20-25 centimetri questi sono
ancora gestibili con supporti equatoriali medi,
oltre sono necessari postazioni fisse e
montature adeguate.
I Newton sono
comunque gli strumenti più adatti per il
principiante, dato il loro basso costo, la
universalità d'uso e la loro robustezza.

Nell'immagine che
segue si osserva un riflettore Newton da 20 cm e
1200 mmdi lunghezza focale su montatura
equatoriale.

I telescopi misti (a specchi e lenti )
Gli
Schmidt-Cassegrain
Esiste
una categoria di telescopi che adotta uno schema misto (catadiottrico),
nel quale sono presenti sia specchi che lenti. Il più famoso
catadiottrico è senz’altro lo Schmidt-Cassegrain (SC),
uno degli strumenti più diffusi fra gli amatori evoluti.Lo strumento, progettato e diffuso in USA nei primi anni 70 dalla Celestron, si è poi rivelato una carta vincente per la
diffusione dell'astronomia amatoriale in USA ed in tutto il
resto del mondo, ed è stato realizzato e diffuso anche dalla
principale concorrente della Celestron, la Meade, anch'essa
americana.
Lo
Schmidt-Cassegrain è composto da uno specchio
primario concavo sferico e da un secondario
convesso sferico inserito in una lastra
correttrice posta all’imboccatura del tubo. Per
quest’ultima, anche se in realtà si tratta di
una lente con potere convergente al centro e
divergente ai bordi (superficie di Schmidt), si
usa il termine “lastra” perchè essa non modifica
la focale complessiva del sistema, ma serve
esclusivamente a correggerne le aberrazioni
ottiche residue. L’ immagine si forma
posteriormente al tubo, dietro un foro praticato
al centro dello specchio primario. Come si può
vedere dallo schema, questo giuoco di specchi
riduce notevolmente l’ ingombro complessivo
dello strumento, rendendolo compatto e
facilmente trasportabile. Le caratteristiche
positive che hanno reso celebre tale telescopio
possono così riassumersi:
 |
-eccellente
correzione delle principali aberrazioni ottiche , pur in un
campo leggermente curvo (ma gli ultimi tipi HD e ACF il campo è
piano per l'astrofotografia) |
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-buona nitidezza
d'immagine |
 |
-tubo ottico chiuso
(bassa turbolenza interna e notevole durata delle ottiche)
|
 |
-assenza di sostegni
a crociera sul secondario (migliore qualità dell’immagine)
|
 |
-grandi aperture a
costi ragionevoli e con peso ed ingombro
contenutissimi |
 |
-tiraggio elevato
,ovvero possibilità di far fuoriuscire di molto il punto di
fuoco dalla culatta del telescopio, cosa che presenta grandi
vantaggi, specie in astrofotografia, per la
possibilità di montare ogni tipo di accessorio senza
problemi di messa a fuoco :ciò si verifica in quanto il
sistema di focheggiatura di questo tipo di telescopi avviene con lo
spostamento dello specchio primario. |
 |
-grande disponibilità
di accessori |
 |
-grande versatilità
|
 |
|
Gli S.C. sono quindi
strumenti universali, atti sia all'osservazione e fotografia di
Luna e pianeti che di oggetti del profondo cielo (Nebulose,
Galassie, etc).Il segreto delle loro dimensioni contenute è
nello specchio primario, di focale molto corta (in genere f2-2.5)
lo specchietto secondario convesso fa da moltiplicatore, ad un
rapporto di 4-5X, e porta la focale complessiva a f 10, facendo
ottenere focali elevate da un tubo corto.Per chi si dedica alla
fotografia del cielo profondo, e per la quale tali rapporti
focali risultano eccessivi, sono previsti riduttori di focale ,
simili esteticamente ad un moltiplicatore di focale fotografico,
che riducono il rapporto a f 5 o 6,3.
Tali
strumenti costituiscono, ad avviso di chi scrive che ne ha
posseduti decine, ed ancora oggi ne possiede due, un 14" ed un
8", un compromesso validissimo ed insostituibile per
l'appassionato che non ha preferenze specifiche ed i cui
interessi spaziano dall'osservazione visuale generale, all'astrofotografia
planetaria, alla astrofotografia deep sky.

Uno SC da 8" (20 cm) di
apertura, che in un peso di soli 5 Kg e una lunghezza di circa
40 cm equivale ad un Newton da 20 cm e 2 metri di focale, dalle
dimensioni e peso di difficile gestione.

Uno SC da 360 mm di
diametro e ben 4 metri di lunghezza focale in un tubo di 75 cm
di lunghezza e solo 22 Kg di peso: è facile immaginarsi come
potrebbe essere un newton di pari caratteristiche, in un tubo di
40 cm e 4 metri di lunghezza!

Sono stati recentemente
immessi sul mercato Schmidt Cassegrain aplanatici, a campo piano, dedicati anche
all'astrofotografia,dalle case americane Celestron e Meade, con il nome di
Celestron HD e Meade ACF, tuttavia il loro costo è superiore agli SC "normali".
I
Matsukov - Cassegrain
Il
Matsukov Cassegrain (abb. "Mak") è un telescopio catadiottrico che , come
configurazione, dimensioni e peso, è simile allo Schmidt Cassegrain,ma ne
differisce per la relativa facilità costruttiva, dato che si avvale unicamente
di superfici ottiche sferiche: uno specchio sferico ed una lastra concava,
anch'essa sferica, all'interno della quale è applicato un cerchio alluminato di
opportune dimensioni che funge da specchio secondario: la luce in ingresso
attraverso la lastra colpisce infatti lo specchio primario ed è da questo
riflessa verso lo spot alluminato all' interno del menisco , che a sua volta la
rinvia verso il punto di fuoco, e lì ingrandita da un oculare.Al posto dello
spot alluminato sul menisco, in alcuni strumenti del genere è anche ricavato, al
centro di questo, un vero e proprio portasecondario con uno specchietto
alluminato convesso, simile a quello degli SC.Anche in tal caso si verifica
quanto detto per gli SC, e il secondario amplifica la focale del primario sino a
rapporti tra f 10 e 15.I Mak,tuttavia, a differenza degli SC, sono strumenti
dedicati più all'uso planetario e lunare, per gli alti ingrandimenti che sono in
grado di fornire con una elevata correzione ottica.Il loro costo è tuttavia
superiore a quello degli SC classici.

Un Mak
col sostegno del secondario come quello degli SC

Una sottocategoria dei telescopi Matsukov sono i cd "Matsukov-Newton",
in pratica telescopi Newton con un menisco anteriore che corregge le
aberrazioni residue e con uno specchio secondario molto piccolo.Tale tipo di
telescopi, sviluppato da alcuni produttori russi, ha avuto, grazie alla notevole
qualità ottica, una diffusione notevole come strumenti planetari e di
osservazione ad elevati ingrandimenti.

Prima di concludere
questa breve carrellata sui telescopi, si richiama l'attenzione del lettore su
un punto: che tutti i telescopi a specchi hanno in genere bisogno, dopo un certo
periodo d'uso, od in occasione di malaugurati urti, di un facile intervento di
messa a punto delle ottiche chiamata collimazione.Questa per alcuni , come i
Newton, consiste nell'allineamento reciproco dello specchio primario e
secondario agendo sulle viti di regolazione a 120° previste dal fabbricante.In
altri, come gli SC, si collima solo lo specchio secondario, in altri ancora,
come i rifrattori e i Mak col menisco alluminato come secondario, non è
possibile alcuna collimazione, cosa che a prima vista potrebbe sembrare un
vantaggio, ma che si traduce in un pesante handicap in caso di piccoli urti,
che, per quanto difficili, possono sempre capitare con l'uso.Nei manuali dei
venditori è solitamente dato ampio spazio alle procedure di collimazione, mentre
sul web sono rivenibili manuali e tutorial specifici fatti da appassionati.
Una altra
avvertenza che si ritiene utile dare è quelle della osservazione solare.Alcuni
ritengono che sia possibile osservare il sole al tramonto o all'alba: niente di
più sbagliato e pericoloso, dato che anche in quelle ore della giornata, grazie
anche al fatto dell'amplificazione della luce operata dai telescopi, la
radiazione infrarossa ed ultravioletta è sempre presente e dannosa.L'osservazione
solare va quindi effettuata con attenzione e servendosi di appositi filtri da
anteporre all'obiettivo del telescopio.MAI, quindi, puntare un telescopio verso
il sole o permettere che un minore od una persona non informata lo usi di
giorno: la inosservanza di tale elementare regola può portare a danni permanenti
alla vista.
Le
montature dei telescopi
Contrariamente a quello
che si può credere, la montatura NON è un accessorio dell'ottica, ma un elemento
fondamentale del nostro setup astronomico, la cui scelta va effettuata in
alcuni casi prima di quella dell'ottica, anzichè il contrario.Molti neofiti sono
istintivamente portati a sopravvalutare le potenzialità dell'ottica, con la
conseguenza che spesso si procurano ottiche buone su montature traballanti ed
incerte, che ne vanificano la qualità .Provate infatti ad osservare ad alti
ingrandimenti su una montatura che, se appena sfiorata, cominci a far tremare
l'immagine: non c'è ottica che tenga, non potremo osservare. La scelta della
montatura va comunque effettuata sulla base di due livelli :la scelta di primo
livello è conseguente al fatto se intendiamo svolgere una attività soltanto
osservativa, ovvero anche fotografica.Nel primo caso vanno bene sia montature
altazimutali (con inseguimento o dobson) che equatoriali.Nel secondo caso,
invece, è necessaria una montatura equatoriale, di precisione , capacità di
carico e caratteristiche adeguate al setup fotografico che intendiamo adottare,
vale a dire: focale di ripresa e peso complessivo dl setup fotografico
(telescopio principale, telescopio di guida, camera etc).La scelta di secondo
livello riguarda il peso e le caratteristiche dell'ottica (o delle ottiche) che
intendiamo porre sulla montatura: più l'ottica pesa, ha un braccio di leva
elevato, ed un diametro cospicuo, più la montatura dovrà essere robusta.Fondamentale
a questo riguardo, è il braccio di leva , collegato alla lunghezza del tubo, a
parità di peso delle stesso.Una montatura che regge bene uno Schmidt Cassegrain
da 25 cm lungo, diciamo,50 cm, potrebbe non reggere, o reggere male un Newton da
25 cm lungo 120 cm.
La montatura
altazimutale
Una montatura altazimutale è
un sistema meccanico che sostiene il telescopio e permette di
puntarlo seguendo movimenti paralleli all'orizzonte (azimuth) o
perpendicolari ad esso (altezza). È in genere realizzata come un
singolo braccio o due bracci (forcella).La
montatura altazimutale si presenta assai più robusta e rigida della
montatura equatoriale in quanto il centro di gravità corrisponde con
il centro dell'asse di rotazione (azimut) ,al contrario
dell'equatoriale (l'altro tipo di montaggio usato per i telescopi)
che presenta le masse spostate al di fuori del centro di gravità
naturale.La montatura
altazimutale viene usata nei modelli più economici. È semplice come
progettazione e costruzione, ma non è ideale nell'uso astronomico,
perché la volta celeste ruota secondo assi che non sono paralleli né
perpendicolari all'orizzonte (a meno che non si stia
osservando precisamente dall'equatore terrestre), e l'osservatore è
costretto a manovrare continuamente il telescopio su entrambi gli
assi, e quindi con due movimenti, per mantenere l'oggetto nel campo
di vista fornito dall'oculare. Inoltre, usando questa montatura il
campo inquadrato ruota lentamente,(cd. "rotazione di campo") cosa
che impedisce la fotografia degli oggetti celesti, anche con sistemi
elettronici di inseguimento sui due assi che la tecnologia mette
oggi a disposizione degli amatori.Nel campo degli strumenti
professionali , invece, la situazione è diversa, in quanto la più
efficiente distribuzione dei pesi e delle masse permette di
realizzare montature meno costose e complicate da gestire: il
problema della rotazione di campo è bypassato da sofisticati e
costosi "derotatori "meccanici ed elettronici; telescopi come il TNG
italiano alle canarie, il VLT dell'ESO in Cile sono a
montatura altazimutale.Nella foto che segue è mostrato un telescopio
SC dell'americana Meade su montatura a forcella altazimutale.

La Montatura
ed i telescopi DOBSON
Un particolare
tipo di montatura altazimutale
è detta dobsoniana dal nome del suo ideatore,
l'americano
John Dobson. Si tratta di una montatura altazimutale
costruita con materiali poveri e precari: alluminio
leggero, ed assai più spesso, legno, compensato, e
talvolta addirittura cartone pressato, in genere a
forcella, di estrema semplicità d'uso. Anche se equipaggia a volte telescopi con
specchi di generose dimensioni ed anche se molto in voga
nel mondo amatoriale, specie anglosassone, è adatta solo
per osservazioni visuali, preferibilmente ad
ingrandimenti medio-bassi.L'innegabile comodità di tale
soluzione osservativa ha preso piede negli ultimi tempi
anche in Italia, in quanto, a parità di spesa, permette
di acquistare strumenti di diametro maggiore rispetto a
quelli su montatura equatoriale.Tuttavia è bene
precisare che non è tutt'oro quello che riluce: trovare
gli oggetti più elusivi , anche sotto cieli bui non è
cosa facile , specie per i novizi, quindi alcuni, dopo
aver osservato gli oggetti più luminosi, luna e pianeti,
se ne liberano e passano ad un equatoriale.Tale
montatura, come tutte quelle altazimutali, del resto,
non consente di effettuare riprese fotografiche e CCD
del cielo profondo e rende molto laboriose, e spesso
impossibili a focali elevate, quelle dei pianeti.Gli
unici oggetti fotografabili , usandoli come grandi
teleobiettivi, sono luna e sole a focale nativa.

La montatura Equatoriale
Una montatura equatoriale è
una montatura o sostegno di un
telescopio
che consente di "inseguire" il moto apparente di un astro nel
cielo con un unico movimento, manuale o motorizzato, ruotando in
sincronia col moto di rotazione terrestre.
La
caratteristica fisica comune a tutte le
montature equatoriali consiste nel fatto che
l'asse principale intorno a cui ruota tutta
la massa strumentale presenta, rispetto al
suolo, un'inclinazione variabile in funzione
della latitudine del posto in cui lo
strumento si trova: tale asse è quindi
puntato verso il Polo Nord celeste.Una volta
effettuato con precisione tale puntamento,
risulta quindi assente il fenomeno della
rotazione del campo intorno all'oggetto
inquadrato, che rende inadatte le montature
altazimutali per astrofotografia.Al
contrario, invece , tale tipo di montatura è
adatta specificatamente per astrofoto.
A differenza
della
montatura altazimutale
che non richiede alcun
allineamento, le montature
equatoriali vanno tutte
allineate quindi verso il
Polo Nord Celeste
con il loro asse principale,
l'asse cioè attorno al quale il
telescopio ruota in 24 ore circa
per mantenere l'oggetto
osservato al centro del campo.
Tale allineamento, mentre non
deve necessariamente essere
molto preciso nell'osservazione
visuale , richiede particolare
precisione nel caso dell'astrofotografia,
precisione che deve essere tanto
più elevata quanto più alta è la
focale del telescopio con il
quale si fotografa.Per ottenere
tale precisione si ricorre al
metodo detto di
Bigourdan,(o
della deriva) che
consiste nel posizionare
il telescopio mediante
successive approssimazioni,
osservando la deriva di una
stella in una direzione e
nell'altra del campo.Per
facilitare l'operazione di
allineamento al polo molte
montature moderne hanno l'asse
polare cavo, nel quale montano
un piccolo cannocchiale detto
cannocchiale polare
che presenta un reticolo
che facilita l'allineamento
della montatura con il polo nord
o sud celeste.Esistono diversi
tipi di montatura equatoriale,
quella alla tedesca, a forcella,
all'inglese, a ferro di cavallo,
etc.Nel campo dell'astronomia
amatoriale quelle che hanno
trovato la massima diffusione,
per la facilità costruttiva e
d'uso, sono essenzialmente due:
la montatura a forcella e quella
alla tedesca.
Qui di
seguito è mostrata un tipo di
montatura a forcella; come si
può osservare, per il tipo di
meccanica,con concentrazione dei
pesi a sbalzo,in campo
amatoriale tale tipo di
montatura è indicata solo per
tubi ottici che non abbiano una
eccessiva lunghezza, come quello
mostrato.

Montatura
equatoriale alla tedesca
È stata questa la prima
montatura equatoriale ed è tutt'ora usatissima nel campo amatoriale
per la semplicità costruttiva e per la sua facile trasportabilità
. In questa montatura il telescopio è sempre posizionato da una
parte (ora Est ora Ovest del meridiano dell'osservatore) mentre
dall'altra parte sono posti dei contrappesi che bilanciano il peso
del telescopio e dei suoi accessori. La montatura è validissima
ancora oggi e trova il suo unico inconveniente con i telescopi
robotizzati in quanto presenta il problema della reversibilità degli
assi al meridiano: se si insegue un oggetto da Est ad Ovest, dal
sorgere al tramonto, una volta che questo supera il
meridiano
(il
cerchio
massimo della
sfera
celeste passante per i
poli
celesti e per i
poli dell'orizzonte),
per poterne proseguire l'osservazione occorre riposizionare il
telescopio invertendo la posizione telescopio-contrappesi.La
stragrande maggioranza delle montature equatoriali amatoriali
odierne hanno questa configurazione,e l'inseguimento dell'oggetto
osservato può essere effettuato a mano, muovendo l'asse di AR
(quello diretto verso la Polare) con una manopola, oppure in modo
automatico con l'uso di un motorino, accoppiato agli ingranaggi
della montatura in modo da garantire la rotazione completa dell'asse
della montatura in 24 ore.Le montature di oggi presentano, oltre a
semplici sistemi di motorizzazione sul solo asse AR o su entrambi,
anche dei sistemi elettronici computerizzati che , una volta
stazionata con precisione la montatura, permettono di puntare gli
oggetti celesti in modo automatico, senza intervento dell'operatore
(cd. sistemi Go-To).Tali sistemi risultano molto utili in caso di
astrofotografia di oggetti deboli, ma anche quando si opera
visualmente in zone dove il cielo non è particolarmente limpido e
sussiste difficoltà nel trovare gli oggetti da osservare.La
montatura mostrata nella foto che segue è appunto una di queste, ed
è visibile il computerino necessario per il funzionamento della
stessa.Montature alla tedesca vengono oggi offerte sul mercato con
prezzi diversissimi tra loro (da poche decine di euro a decine di
migliaia) in funzione della precisione meccanica ed elettronica, del
carico che possono sostenere, e di altri fattori.
Schema di Montatura
equatoriale alla tedesca

I principali requisiti per un corretto
funzionamento della montatura equatoriale alla tedesca sono:un buon
stazionamento polare (requisito comune anche agli altri tipi di
montature) ed il bilanciamento per tramite dei contrappesi,
caratteristico di tale montatura.La prima operazione di
bilanciamento è quella dell'asse di AR: occorre quindi preparare il
tele per l'osservazione, con puntatore, oculare e quant'altro,avendo
cura di montare sempre, prima del tubo, i contrappesi sull'apposita
asta,posizionare l'ottica verso l'alto e bloccare l'asse di
Declinazione, quindi allentare la manopola (o le manopole, se più di
una ) di blocco dell'asse di AR, e lasciare pian piano il
tubo,verificando se il sistema è in equilibrio, se no, spostare
lievemente i contrappesi in un senso o nell'altro,finchè il tutto è
in perfetto equilibrio
Una volta fatto ciò, serrare
l'asse di AR e porre il tubo in posizione parallela al terreno,
quindi rilasciare gradualmente il tubo stesso per vedere in che
direzione muove, se non è equilibrato, spostarlo nella sua culla
sino a che non sarà in equilibrio.Inutile dire che l'operazione è da
fare con attenzione, in quanto , per le nontature che hanno un
attacco dell'ottica alla stessa con il sistema di innesto a coda di
rondine maschio e femmina, uno sblocco eccessivo senza tenere il
tubo con le mani potrebbe farlo cadere.

Oculari ed altri accessori
Un oculare è una
lente
o un gruppo di lenti che viene posto vicino al piano
focale di un
telescopio
allo scopo di ingrandire l'immagine fornita dall'obiettivo.Per i
telescopi economici, in genere gli oculari sono forniti in dotazione
allo strumento (i più diffusi sono quelli da 10 e 25 mm) e sono
sufficienti per l'uso iniziale dello strumento stesso.Tuttavia, per
poter sfruttare a fondo una buona ottica è necessario che gli
oculari siano altrettanto buoni, specie ad ingrandimenti elevati.Oggi
vengono prodotti oculari estremamente sofisticati e costosi, che
arrivano al prezzo di un telescopio completo di bassa fascia. Gli
schemi ottici degli oculari sono svariati, dai più semplici, a due
lenti, a quelli con 8-9 lenti.Tra i più semplici ricordiamo gli
Huygens, i Ramsden, i Kellner, che ebbero diffusione molti anni fa a
livello amatoriale, ma che oggi sono stati quasi totalmente
sostituiti, anche nell'ambito degli oculari economici, dai più
efficienti schemi ortoscopici e ploss.
Ora, l'acquisto di uno
schema od un altro, di una qualità od un altra di oculare dipende
essenzialmente dal tipo di osservazione che intendiamo svolgere: se
siamo appassionati di profondo cielo e di vasti campi stellari, od
anche della superficie lunare, preferiremo un oculare wide angle, a
largo campo piano, di quelli che vanno oggi più di moda tra gli
appassionati.Se, viceversa , amiamo l'osservazione planetaria, un
buon ortoscopico farà al caso nostro.Nella figura, una serie di
oculari di diversa focale.La misura standard del diametro del
barilotto degli oculari è di 1" e 1/4 del sistema di misura inglese,
pari 31,8 mm, ma esistono anche oculari da 2" (50,8 mm). La
differenza principale tra i due tipi è data dal campo inquadrato,
maggiore nel secondo.La focale degli oculari è importante, in quanto
ci permette di variare l'ingrandimento ottenibile dal telescopio, la
cui misura è data dal rapporto :
Foc. tel./ Foc. Oculare.Un
telescopio dalla lunghezza focale di 1000 mm, usato con un oculare
da 25 mm darà pertanto 40 ingrandimenti, lo stesso, con un oculare
da 5 mm, ne darà 200.
Possiamo allora spingere
senza problemi gli ingrandimenti oltre ogni limite per vedere di
più? Certamente no, in quanto il massimo ingrandimento possibile è
correlato al diametro dell'obiettivo (lente o specchio) del
telescopio.In ottica si parla di ingrandimento risolvente ed
ingrandimento massimo ottenibile da un sistema telescopio-oculare.L'ingrandimento
risolvente è pari al raggio (od alla metà del diametro)
dell'obiettivo in mm.ed è quello al quale si riesce a
risolvere i particolari consentiti dal diametro dell'obiettivo; una
regola empirica , ma attendibile, dice che
l'ingrandimento massimo
ottenibile è pari a 20 volte il diametro dell'obiettivo in cm,
in pratica quindi tale ingrandimento è quello al quale si riesce a
vedere "più ingranditi" ossia meglio, i particolari
dell'ingrandimento risolvente: un tele da 10 cm potrà quindi dare
200 X.Aumentare l'ingrandimento oltre tale limite e quello
dell'obiettivo, vuol dire solo ottenere immagini più grandi, ma
anche più confuse e meno nitide.Diffidare quindi dai produttori che
affermano che i loro strumenti da 60 mm sono capaci di...300
ingrandimenti!
Un altro fattore importante
degli oculari è il campo apparente osservabile, che varia mediamente
da 40 a 70 °, ma che in alcuni oculari Wide angle dell'ultima
generazione può raggiungere anche gli 82 e persino i 100°! Gli
oculari a largo campo, cd. Wide Angle ed Ultra Wide Angle sono
tuttavia costosi ed in genere adatti a telescopi, rifrattori o
riflettori, che hanno un campo spianato e che sono di elevata
qualità ottica.Altrettanto importante è l'estrazione pupillare,
ossia la distanza tra la lente esterna, rivolta verso l'occhio, e
l'occhio dell'osservatore: tale distanza è importante ai fini della
comodità di osservazione: una elevata estrazione pupillare
permetterà, anche ad elevati ingrandimenti, di osservare a lungo
senza stancarsi, viceversa una EP ridotta ci costringerà con
l'occhio attaccato all'oculare, con il conseguente affaticamento e
fastidio.

Lenti di barlow
Le lenti di barlow sono dispositivi
ottici che svolgono la funzione di moltiplicare l'ingrandimento del
sistema telescopio- oculare per un dato fattore, 2X, 3X, 4X , 5X.In pratica sono
concettualmente simili ai duplicatori o triplicatori di focale fotografici.Queste,
di innesto uguale a quello degli oculari, e quindi da 31,8 o da 50,8, vanno
poste tra telescopio ed oculare.Ma quand'è che tali accessori sono realmente
utili?
1- quando con gli oculari che si
possiedono non si riesce a raggiungere l'ingrandimento massimo fornito dal
telescopio; ad es. se si ha , con un tele da 100 mm di apertura e 1000 mm , un
oculare da 10 mm, l'ingrandimento fornito di 100X non permette di raggiungere
l'ingrandimento massimo di 200 X possibile.In tal caso una barlow 2X permette di
amplificare la focale equivalente portando gli ingrandimenti a 200X.
2- quando, con l'oculare o gli oculari
che si possiedono non si riesce ad avere una estrazione pupillare soddisfacente,
l'uso di una Barlow permette di raggiungere lo scopo.Immaginiamo, nell'esempio
fatto in precedenza, di avere lo stesso tele 100/1000, ma anche un
oculare da 5 mm, che ci permette di raggiungere i 200 X di ingrandimento massimo
ottenibile.Immaginiamo anche che tuttavia tale oculare abbia, come spesso
succede con gli oculari economici, una estrazione pupillare ridotta che ci
affatica la vista osservando a lungo.In tal caso l'uso dell'oculare da 10 mm con
una barlow 2X ci permette di raggoiungere ugualmente l' ingrandimento massimo,
ma con una estrazione pupillare maggiore ed una notevole comodità di
osservazione.
3-In caso di riprese fotografiche o CCD,
quando è necessario ottenere focali elevate per riprese planetarie o lunari.

Prismi o specchi deviatori
Tali utili accessori, detti anche
"prismi o deviatori stellari", permettono di osservare con comodità negli
strumenti con piano focale posteriore, come i rifrattori, gli Schmidt Cassegrain,
i Matsukov.In pratica essi "piegano" il fascio ottico prodotto dall'obiettivo
del telescopio verso l'oculare e l'occhio dell'osservatore, grazie ad un prisma
o specchio posto a 45° in un alloggiamento che presenta da un lato un barilotto
maschio da 31,8 o da 50,8 da inserire nel portaoculari del telescopio, e,
dall'altro, un barilotto femmina, dello stesso diametro interno, nel quale va
inserito l'oculare.Il loro scopo è quello di permettere un'osservazione comoda
anche per oggetti vicino allo zenith con telescopi a fuoco posteriore
(Rifrattori, Schmidt Cassegrain, Matsukov Cassegrain, etc): coi Newton tale
accessorio, ovviamente, non serve.I Deviatori si trovano normalmente in
commercio in due tipi principali, da 31,8 mm e fa 50,8.L'uso dell'uno o
dell'altro dipende dal fascio ottico sul punto di fuoco e dal tipo di
oculari usati, nonchè dal tipo di osservazioni da effettuare.

I cercatori
I cercatori sono dei
piccoli cannocchialini, a basso potere di ingrandimento e quindi ampio campo di
vista, che svolgono la funzione di trovare ed inquadrare nell'ottica principale
del telescopio l'oggetto da osservare.I tipi principali sono 5x24; 6x30; 8X50,
dove il primo numero individua gli ingrandimenti ed il secondo il diametro del
loro obiettivo.Gli oculari di tali cercatori sono dotati di un reticolo a croce,
che pùò essere illuminato nei tipi più costosi, e gli stessi sono inseriti in un
supporto dotato di viti a 120°; si tratta quindi, agendo sulle viti , di portare
al centro del reticolo l'oggetto da osservare che risulterà poi visibile
nell'oculare del telescopio principale.Condizione necessaria per tale risultato
è che il cercatore sia stato preventivamente messo in asse con l'ottica
principale puntando, di giorno, con questa un oggetto lontano (NON IL SOLE!) e
portandolo poi al centro del reticolo del cercatore agendo sulle viti di questo.

Si sono diffusi,
nell'ultimo periodo, cercatori "a punto rosso", che non hanno ottiche, ma solo
un piccolo led che proietta un punto rosso su di un vetrino trattato.La
procedura da seguire per la collimazione con l'ottica principale è la stessa
degli altri tipi.

I filtri
Filtri per l'osservazione e la fotografia
del cielo profondo
E' oggi disponibile sul mercato una quantità
impressionante di filtri delle varie marche destinati ad agevolare
l'osservazione e la fotografia di oggetti del profondo cielo.Tale eccessiva
disponibilità, unita al fatto che alcuni filtri praticamente uguali
vengono presentati con nomi diversi, contribuiscono a generare una grande
confusione nel neofita (e non solo!).Tengo a riportare quindi una breve
casistica di filtri veramente utili:
Filtri per l'osservazione
Detti filtri si prefiggono lo scopo di
isolare la radiazione emessa da alcuni corpi celesti rispetto alla luminosità ed
all'inquinamento del fondo cielo, aumentando il contrasto e quindi la visibilità
degli stessi, essenzialmente nebulose: planetarie, ad emissione, a riflessione.Per
le galassie non consiglierei alcun filtro.
1-UHC (Ultra High Contrast)
detto filtro è
il filtro a mio avviso principe, quello che serve quasi sempre e con la
stragrande maggioranza degli oggetti nebulari, in quanto fa passare due finestre
centrate sull'emissione dell'OIII (Ossigeno III) a 5007 A e dell'Ha (Idrogeno
alpha) a 6563 A.Esso contribuisce in modo notevole, inoltre, ad abbattere
l'inquinamento luminoso e lo spettro secondario nei rifrattori acromatici.
2- OIII
fa passare la sola finestra dell'OIII,
è quindi consigliabile con strumenti di una certa apertura e con oggetti , come
alcune planetarie, dove detta emissione predomina
3- Ha fa passare la finestra centrata
sull'Ha a 6563 A, ed è quindi molto utile per alcuni oggetti come nebulose ad
emissione, ma anche molte planetarie dove tale lunghezza d'onda predomina.
Filtri per l'astrofotografia Deep Sky
Filtri LRGB: si tratta di filtri occorrenti
per ottenere la sintesi colore dalle immagini monocromatiche con camere
CCD BN.Oltre ad un filtro di Luminanza (L) esistono tre filtri per i tre colori
primari dello spettro , rosso, verde e blu l'unione delle immagini ottenute con
tali ultimi tre filtri con software appositi, da il canale di crominanza, che va
unito e "rinforzato" col segnale di Luminanza dato dal filtro L.Tale ultimo
filtro è spesso anche un IR- Uv cut, ovvero impedisce che l'immagine del
visibile sia inquinata dal segnale infrarosso e UV.
Filtri UHC , OIII ed Ha come sopra, talvolta
usati in aggiunta agli LRGB per enfatizzare l'emissione di particolari
oggetti.
Filtri
CLS; Neodymium, etc: sono filtri
finalizzati ad abbattere l'inquinamento luminoso, in quanto non fanno passare le
bande di emissione del sodio e del mercurio dell'illuminazione cittadina: tali
filtri possone essere peraltro utilizzati anche nell'osservazione visuale.
Filtri per l'osservazione lunare
Per l'osservazione e la fotografia lunare,
può essere utile un filtro verde scuro che abbatte la luminosità eccessiva del
nostro satellite.
Filtri per l'osservazione solare
Prima di accennare a tali filtri, solo
alcuni dei quali possono interessare il neofita, mi sembra opportuno porre
l'accento su alcuni punti:
1- L'osservazione solare va fatta con la
massima attenzione utilizzando soltanto filtri a tutta apertura da anteporre
all'obiettivo (nel caso di rifrattori , SC etc) ovvero all'ingresso del
tubo per i newton tali filtri impediscono che il calore entri all'interno del
tubo e rispondono ai necessari criteri di sicurezza per la vista.NON
USARE MAI FILTRI CHE SI AVVITANO ALL'OCULARE il calore eccessivo in
vicinanza del piano focale ne potrebbe causare la rottura.
2- I filtri con miglior rapporto
qualità/prezzo sono attualmente quelli consistenti in una sottilissima sfoglia
di materiale plastico semialluminato, che fa passare una piccolissima parte
della luce solare nella zona del visibile e che non risulta dannosa per
gli occhi.Tale materiale è detto "Astrosolar" e viene normalmente messo in
vendita in fogli formato A4 o 100 cm X 50.La gradazione 5.0 è quella per uso
visuale, mentre la 3.8 è quella per astrofotografia, che
non va usata per osservare visualmente.Tali filtri sono adatti per
osservare la fotosfera solare, ovvero la superficie del sole, dove si formano le
macchie.
3- Si sente parlare di filtri Ha per
l'osservazione solare.Tali filtri, che hanno prezzi elevati e che servono ad
osservare la cromosfera solare, ossia l'atmosfera solare, ca 10.000 Km al di
sopra della fotosfera, dove predomina la radiazione dell'Idrogeno ionizzato a
6563A.Essi hanno una banda passante molto più stretta dei filtri Ha per
l'osservazione del cielo profondo cui si è accennato prima, quindi è bene
ricordare che
mai i filtri Ha per il cielo profondo
possono essere usati per osservare il sole.
L'Osservazione del sole con un Prisma di
Herschel
L'osservazione del sole in luce bianca
(fotosfera) può essere anche effettuata con un prisma speciale, detto prisma di
Herschel, che in pratica è un prisma rettangolare di alcuni mm di spessore, una
delle cui a facce è inclinata di circa 10° rispetto all'altra, in modo da
deviare la maggior parte del calore e della luce solare (ca il 95%) verso
l'esterno mentre solo il 5% raggiunge l'oculare o la camera.Tale quantità è
tuttavia ancora eccessiva e pericolosa per gli occhi, e va quindi ulteriormente
filtrata con filtri appositi, ND, Ir cut, etc.E' bene precisare che
il prisma va usato esclusivamente con
strumenti a lenti (rifrattori) con il solo obiettivo anteriore senza gruppi di
lenti posteriori o spianatori, in quanto il calore che entra nello
strumento prima di raggiungere il prisma potrebbe causare gravi danni alla
struttura degli strumenti compositi (catadiottrici) e sarebbe, oltre a ciò,
scomodo da usare in altri (newton).

Il prisma somiglia ad un deviatore stellare
a 90 ° e si trova in commercio nelle configurazioni da 31,8 mm o da 50,8 (2").Di
seguito è riportato uno da 31,8.

I
TELESCOPI SOLARI
L'Osservazione della cromosfera solare non
attrae in genere subito il neofita, che preferisce l'osservazione in luce bianca
delle macchie solari, più facile, immediata. e poco costosa.Negli ultimi anni,
tuttavia, ha avuto grande diffusione l'osservazione della cromosfera solare, la
sottile striscia di gas che si estende per circa 10.000 Km dalla superficie del
sole, dominio dell'Idrogeno e del Calcio ionizzato,e sede si alcuni fenomeni
appariscenti, quali proturberanze, spicule, filamenti,regioni attive, etc.L'osservazione
cromosferica richiede tuttavia, a differenza di quella in luce bianca, una
strumentazione molto più sofisticata e costosa, dato che la finestra di
osservazione dell'Idrogeno alfa a 6563 A. nel rosso profondo (l'elemento
maggiormente presente in cromosfera) misura circa 1 Angstrom (1 milionesimo di
mm).Per confronto, i filtri Ha che si usano per il cielo profondo hanno una
banda passante mediamente di 120 A, ossia 120 volte più ampia.I filtri per
l'osservazione solare in Ha sono quindi molto costosi, e vanno da un minimo di
1200 ad un massimo di svariate migliaia di euro.Esistono tuttavia alcuni piccoli
telescopi solari, prodotti dalle ditte americane Coronado e Lunt, che ad un
prezzo particolarmente abbordabile (tra i 650 e 1000 €) danno la possibilità di
accostarsi a questa affascinante branca dell'osservazione solare.Essi sono il
Coronado PST ed il Lunt 35 THA

Il Coronado PST

Il Lunt 35 THA
Fattori strumentali
e non
strumentali decisivi per la qualità delle osservazioni
Il Seeing
In alcuni casi il
neofita, dopo aver montato sul balcone di casa il suo nuovo telescopio
nell'attesa trepidante della prima osservazione, lo punta verso il suo primo
oggetto celeste , in genere la luna, Giove o Saturno per elencare i più facili,
mette l'occhio all'oculare e....delusione: l'immagine appare sfarfallante,
ondeggiante, a tratti sfocata, poco nitida.Si dà allora subito la colpa al
telescopio od all'oculare, magari ritornando il mattino dopo dal venditore,
senza fare ulteriori prove, lamentando la scarsa qualità dello strumento
acquistato.In molti casi, nella maggioranza, anzi, la colpa non è affatto dello
strumento, ma di quello che viene chiamato "seeing astronomico" intendendo per
tale il grado di turbolenza dell'aria che ci circonda; agli effetti pratici la
turbolenza ha infatti la conseguenza di spostare e far oscillare l'oggetto
osservato nel termine di millisecondi, sfuocandolo.Ognuno di noi ha osservato,
nelle noti d'inverno con tramontana, lo scintillio delle stelle, specie di
quelle luminose: quello è l'effetto del seeing cattivo e della turbolenza
sull'occhio, si può quindi immaginare cosa sia tale effetto su un oggetto
ingrandito decine di volte dal telescopio.Le scale comunemente usate per la
valutazione del seeing sono quella di Antoniadi (da 1 a 5) e quella di
Pickering (da 1 a 10), il numero più basso indica il seeing peggiore, il più
alto quello migliore.E'il caso, quindi, prima di osservare, di dare un'occhiata
al meteo ed alle relative previsioni: se è previsto vento a 30 Kmh, è inutile
osservare o, tanto meno,fotografare, meglio rimandare ad una serata più
tranquilla.E' bene precisare, infine, che nella definizione di seeing entra
anche quello locale, ossia la turbolenza indotta da elementi vicino
all'osservatore od al luogo di osservazione, come terrazzi esposti al sole che
la notte restituiscono il calore assorbito di giorno,camini dei riscaldamenti ,
etc.
L'adattamento termico del telescopio
Altrettanto importante è
l'adattamento termico del telescopio alla temperatura esterna.In proposito è
bene riflettere sulla circostanza che uno specchio od un obiettivo a lenti "diffraction
limited" è lavorato con tolleranze di 1/4 di lambda, la lunghezza d'onda della
luce visibile, un numero piccolissimo.Ogni variazione di temperatura influisce
quindi sulle ottiche,alterandone la figura e degradandone le prestazioni.Se,
quindi esiste una certa differenza tra la temperatura dell'ambiente dove il
telescopio è custodito e l'esterno, occorre far ambientare lo stesso alla
temperatura esterna , lasciandolo fuori per un tempo variabile tra un'ora e tre
ore circa a seconda del tipo e della configurazione ottica, pena immagini
turbolente e distorte, per certi versi simili a quelle provocate dal seeing
cattivo.
La Collimazione degli
strumenti
Un'altro dei motivi che
frequentemente provocano l'insoddisfazione del neofita nei confronti del suo
telescopio appena acquistato è dato dalla scollimazione delle ottiche negli
strumenti compositi (a più elementi, come Newton, SC o Mak) o, più raramente,
nei rifrattori.L'osservazione di immagini lattiginose, poco definite,
addirittura sdoppiate ad ingrandimenti medio alti viene automaticamente
attribuito alla scarsa qualità delle ottiche, mentre questa è in realtà l'ultima
ipotesi da considerare dopo l'adattamento termico, il cattivo seeing e, appunto
la scollimazione.Per collimazione si intende la calibrazione di un telescopio in
modo che gli assi ottici dei suoi componenti siano centrati e paralleli tra loro
al fine dell'ottenimento della migliore qualità possibile di immagine.Tuttavia ,
tale necessario presupposto non sempre si verifica negli strumenti commerciali,
anche nuovi, dato che basta spesso un urto , anche nell'imballo, per
pregiudicare la collimazione.Non mi dilungherò in questa sede sulle operazioni
da effettuare, i cui dettagli sono ampiamente descritti nei manuali, nei testi e
sul web.Basti per ora solo sapere che il controllo e la messa a punto della
collimazione è una operazione di vitale importanza per le prestazioni di uno
strumento ottico e che,in
via di primissima approssimazione e relativamente ad un telescopio newton, la scollimazione si manifesta nel
modo seguente, osservando attraverso il tubo del focheggiatore con l'occhio nudo.Nell'immagine
sono visibili i vari componenti del telescopio.

Puntando una stella ad ingrandimenti
medio-alti (1,5-2 volte il diametro dell'obiettivo) e sfocando da una parte
e dall'altra del punto di fuoco, il coma derivante dalla mancanza di
collimazione fa assumere all'immagine stellare questo aspetto:

Una volta sistemata la collimazione,
l'immagine stellare a dovrà cambiare come segue:

Nell'immagine seguente
sono mostrati i tre passi principali per la collimazione, osservati attraverso
un oculare di collimazione (in pratica un oculare senza lenti consistente in un
tubo di circa 6-7 cm nel quale da una parte vi è una tappo con un foro centrale
di 1 mm e dall'altro un crocifilo).La collimazione di grande precisione, ottica e
meccanica è tuttavia una operazione più complessa, specie per i newton a basso
rapporto F/D.Una volta giunti al punto 3, la collimazione dovrà essere poi
ulteriormente controllata sull'immagine di una stella.

Quella
descritta poc'anzi è solo la collimazione dei telescopi newton, negli Schmidt
Cassegrain, Matsukov Cassegrain Cassegrain, si collima soltanto lo
specchio secondario, quindi l'apparenza della scollimazione sarà solo quella
illustrata nell' immagine centrale della figura che precede (2) :
successivamente, agendo sulle tre viti poste sul portasecondario al centro
della lastra correttrice si dovrà ottenere l'immagine della parte sinistra della
figura (3).Osservando un'immagine stellare, essa apparirà come nella
parte sinistra della figura che segue ed andrà riportata come in quella a
destra:
Uno dei piccoli problemi della collimazione
degli SC e degli strumenti a fuoco posteriore , è quello di individuare in quale
direzione sulla lastra si manifesta la scollimazione osservata attraverso
l'oculare, e su quale vite (o coppia di viti) si dovrà agire per effettuare la
collimazione; non di rado un errore di individuazione porta a peggiorare la
scollimazione perdendo poi ore per sistemarla.Per gli strumenti piccoli basta osservare attraverso l'oculare
ponendo con l'altra mano una matita davanti (senza toccarla!) la lastra
correttrice per verificare la direzione della scollimazione e le viti da
stringere o allentare.Negli strumenti più grandi (23-40 cm) questo non è
possibile e risulta molto utile allora un semplice accessorio come quello
illustrato nella figura che segue: un bicchiere di cartone o plastica con aalla
sommità una piccola asta che può rotare.La parte sottostante, aperta, va
inserita sul portasecondario della lastra, come da figura.


L'immagine che segue è l'apparenza della
stella comatica per la scollimazione: ruotando l'astina sul fronte dello
strumento sino a che l'immagine della stessa corrisponde, sovrapponendosi a
quella della stella , alla direzione di scollimazione ci dirà quale à la vite o
la coppia di viti sulle quali operare.In tal modo la procedura di collimazione
diviene facile ed immediata.

La scollimazione dei rifrattori è piuttosto
rara: in genere consegue ad urti od a difetti di costruzione delle celle che
contengono le lenti, ovvero a mancanza di assialità tra queste ed il
focheggiatore.Nel caso lo strumento abbia la cella collimabile, si può agire
sulle viti di collimazione, con una procedura simile a quella degli SC.Nel caso,
molto probabile, che non ce l'abbia, occorre agire sul focheggiatore,
estraendolo dal tubo e mettendo degli spessori in modo da controllarne
l'orientamento rispetto all'obiettivo: non è cosa facile, ma è l'unica da fare
in caso di strumenti usati senza garanzia, nel caso di strumenti nuovi è invece
necessario restituirli al venditore per la sistemazione o la sostituzione.
Un primo semplicissimo approccio alla
fotografia astronomica
Dopo le
prime osservazioni visuali, la contemplazione affascinata del cielo stellato e
l'osservazione interessata di luna, sole e pianeti, è istintivo che l'astrofilo
alle prime armi cerchi di registrare quello che ha osservato al telescopio in
modo da poterlo rivedere, di mostrarlo a parenti ed amici, di esaminarlo ed
approfondirlo.Ma la fotografia astronomica non è semplice: diversamente da
quella tradizionale richiede una strumentazione di base di una certa consistenza
e costo, e, quel che più conta, la conoscenza di tecniche non immediate, che
richiedono un certo tempo per poter essere assimilate e sperimentate.La
fotografia del cielo profondo, in particolare, richiede necessariamente l'uso di
una montatura equatoriale di livello adeguato alla focale ed al peso del
telescopio usato per la ripresa, di un telescopio di guida o di una guida fuori
asse, di una camera per la ripresa ed una per la guida: a parte il costo, in
alcuni casi notevole, di una simile strumentazione, l'uso della stessa ed il
conseguimento di risultati soddisfacenti non è mai immediato e prende talvolta
diversi mesi, la frustrazione, inoltre, è dietro l'angolo ed alcuni potenziali
astrofotografi decidono di vendere tutto se non di cambiare hobby.Molti altri,
consapevoli di tali difficoltà, desistono o rinviano, privandosi così di un
piacere e di una soddisfazione notevole.
Ma
allora, cosa bisogna fare? la risposta è semplice, e ,nel mio caso personale, è
stata applicata per vari anni con successo: il segreto è di cominciare per
gradi, mai quindi acquistare il telescopio da 2 metri di focale, relativa
montatura ed accessori e pretendere di voler iniziare così l'astrofotografia: il
risultato sarebbe sicuramente l'enorme accumulo di frustrazione iniziale e , nel
caso si possedesse la tenacia e la volontà di proseguire, l'ottenimento dei
primi risultati utili dopo svariati mesi, peccato che molti desistano tuttavia
molto prima.L'inizio può essere molto soft: niente di più di quello che occorra
per la fotografia tradizionale: una fotocamera digitale ed un buon treppiede e,
se si vuole, un laptop per la messa a fuoco e la visione preliminare delle
immagini, ma non è indispensabile.E', infatti, incredibile cosa si riesca ad
ottenere con una strumentazione di base come questa applicando poche e
semplici regole.
1)
approfittare di un cielo sufficientemente buio, nel quale sia visibile la via
Lattea;Studiare l'inquadratura del campo ripreso cercando di farvi entrare
oggetti che si accoppino esteticamente con il cielo stellato tipo alberi;
costruzioni caratteristiche o monumenti, etc
2)
usare, per il formato APS (quello delle Reflex Digitali più diffuse) obiettivi
di focale oscillante tra il 16 ed il 50 mm; va bene l'obiettivo in dotazione,
normalmente un 18/55;
3)
usare tempi di esposizione tanto più brevi quanto più l'oggetto si trovi ad un
valore di declinazione basso ( in pratica quanto più l'oggetto o la zona da
riprendere sia vicina all'equatore celeste) e quanto più sia elevata la focale
dell'obiettivo usata.In genere sul formato APS tempi compresi tra 5 e 10 sec
sono sufficienti per ottenere immagini stellari puntiformi a media declinazione
con focali dell'ordine di 18-25 mm.Per il formato 24 x 36 tali valori potranno
essere lievemente aumentati.Occorre, tuttavia fare delle prove caso per caso per
verificare la puntiformità delle immagini stellari.
4)
scattare una sequenza di circa 40-50 immagini.Buona parte delle reflex
dell'ultima generazione prevedono un software con tale funzione (scatto a
tempo) altrimenti, nel caso si voglia fare a meno del PC, è necessario un
intervallometro od un semplice cronometro.Usare, per ottenere i migliori
risultati in sede di elaborazione, il formato Raw, da convertire poi in tiff ,
bmp o jpg.
5)
mettere a registro e sommare le immagini ottenute con un software astronomico,
quale, ad es. Astroart, Maxim DL,etc

,
Un
risultato minimale come questo è già dato dalla messa a registro di sole 16
immagini Raw da 5 sec col 18/55 mm di una Canon 550D alla focale di 20 mm in una
zona montana a medio inquinamento luminoso, ben visibile nella parte bassa
dell'immagine Questo,tuttavia , rischiarando gli alberi in primo piano, da un
effetto non spiacevole.

L'unione di 46 immagini dà un risultato migliore, anche se più laborioso da
ottenere: notare come gli alberi in primo piano risultino sempre più mossi con
l'aumentare delle immagini che vengono assemblate.
L'uso
di obiettivi grandangolari spinti (8-14 mm sul formato APS) a macchina ferma
consente inoltre di avere interessanti registrazioni di meteore nei periodi
degli sciami meteorici (Perseidi, Leonidi, etc).
Usando,
invece, una normale reflex digitale (non modificata) con un teleobiettivo medio
(150-200 mm) su una montature equatoriale motorizzata in AR senza telescopio, si
possono ottenere alcuni risultati piacevoli, anche con l'uso di obiettivi da
battaglia e basso costo.Le immagini che seguono, della galassia M31 in Andromeda
e delle Nebulosa NGC 7000 (Nord America e Pellicano) nel Cigno sono state
ottenute nell'estate 2012 con una Canon 550 D non modificata ed un teleobiettivo
Hanimex 200 mm f 3,5 chiuso a 5,6, (da 40 € sul mercato d'occasione) e da un
cielo non particolarmente buio.I tempi di esposizione sono stati rispettivamente
di 60 sec X 12 scatti per Andromeda e solo 30 sec x 12 scatti per NGC 7000.Ambedue
le immagini hanno numerosi difetti : l'alone blu intorno alle stelle dovute al
cromatismo dell'obiettivo; la granulosità dovuta alla limitata esposizione (a
sua volta dovuta all'IL),la scarsa sensibilità al rosso ed all'Halfa del filtro
sul sensore della Canon ,ma sono accettabili per chi inizia.L'importante è
quindi non lasciarsi scoraggiare dai primi insuccessi, non intestardirsi a voler
a tutti i costi fotografare attraverso le ottiche di un telescopio, magari da 1
metro di focale senza autoguida, ed iniziare con mezzi semplici e poco
dispendiosi,facendo pratica ed acquisendo esperienza.


Tutorial curato da
Fulvio Mete
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richiesta di chiarimenti sugli: argomenti trattati:
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